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Il nuovo album di Cisco s’intitola “Il Mulo” (2008 – Upr). Un lavoro che conferma la strada percorsa dall’Artista vero la ricerca di una propria identità che ha come carattere primario la voglia di continuare e personalizzare il proprio insieme all’impegno socio-politico.

Stefano “Cisco” Bellotti lo avevamo precedentemente incontrato in riferimento alla pubblicazione del primo lavoro da solista, dopo l’esperienza con i Modena City Ramblers. L’Artista ritorna al microfono di Patrizio LONGO per raccontare del “Il Mulo” un album scritto con la collaborazione di alcuni compagni di viaggio, come l’amico Giovanni Rubbiani ex Modena City Ramblers e Francesco Magnelli ex Litfiba.

Il box del disco comprende anche un supporto dvd contenente alcuni estratti dal concerto dell’Artista alla Casa della Pace di Milano, i viaggi intrapresi a sostegno di organizzazioni per la solidarietà, non ultima la visita nel campo di Auschwitz e immagini “rubate” in studio.

Al microfono di Patrizio Longo, incontriamo Cisco in occasione della pubblicazione de ”Il Mulo”. Ciao Cisco!

Ciao a te!

Impegnato su questo fronte musicale… e politico?

No, così è troppo! Io faccio solo musica, faccio le mie canzoni, e questo viene quasi sempre a coincidere con quello che è il mio sentimento, con le mie idee. Questo non vuol dire far politica, è solo comunicare quello che si pensa.

Perché “Il Mulo”, cosa rappresenta. Da dove nasce il titolo di questo tuo secondo lavoro da solista?

È un disco autobiografico. “Il Mulo” sono Io, con la mia testardaggine, con la mia caparbietà, con la mia cocciutaggine. Visto che me li hanno sempre indicati come difetti, voglio farli diventare dei pregi, soprattutto in un periodo in cui caparbietà, cocciutaggine e testardaggine possono servire per continuare a tenere dritta la barra delle rotta. Sono in qualche modo sinonimi di “coerenza”. Quindi  “Il Mulo” è la metafora di un animale cocciuto e testardo, e serve a descrivermi. Ha anche un riferimento a “La fattoria degli animali” di Orwell, laddove in una società piena di conigli che si nascondono, pavoni che si pavoneggiano, maiali che salgono al potere, oche e galline che starnazzano, la figura di un mulo mi sembra positiva e concreta. Lavora, tira la carretta, e a testa bassa prosegue per la propria strada.

A questo proposito, nel cd si ascolta un pezzo, “Il paese delle mummie”, che è forse il ritratto di un’Italia che non cambia negli atteggiamenti politico-sociali. Forse perché non se ne avverte la necessità?

Credo che la necessità ci sia, soprattutto da parte dei giovani. Questo, però, si trasforma spesso in assenteismo o menefreghismo politico. Credo sia un errore: i giovani dovrebbero esigere nuovi governanti, nuove regole, nuove leggi più adatte ai tempi che viviamo, più aggiornate. Penso che avere dei politici che hanno ormai ottant’anni stia a dimostrare come la politica sia sempre in mano ai soliti potenti, attaccati alla poltrone del potere senza mai mollarle. “Il paese delle mummie” è dedicata a tutti quei giovani che vorrebbero vedere nuova gente con nuove idee moderne, nuove prospettive. L’esempio negli altri paesi europei c’è, ma l’Italia è sempre fuori da certi discorsi, forse perché la nostra storia continua a vivere su certe relazioni che mettono sempre le stesse persone nei centri di potere. Perché garantiscono un certo comportamento, la tutela di certe idee che così non vengono mai messe in discussione. Ma ormai si tratta di cose superate, e si sta solo facendo del male a questo paese che ormai è alla frutta.

Il lavoro “Il Mulo” è disponibile in versione cd, ma hai deciso di omaggiare i tuoi numerosi fan con una stampa – in edizione limitatissima – in versione long-playing che conterrà due brani. Un’attenzione che hai voluto rivolgere a chi ti segue dal periodo dei Modena City Ramblers?

No, è un’attenzione che rivolgo a chi ama la musica come me, da tanto tempo, e che ha ancora il vizio di ascoltare la musica in vinile. Io sono un fanatico del disco, quando posso ne compro, anche di gruppi nuovi. Appena vedo in negozio il vinile di un gruppo che mi può piacere lo compro, e così faccio dei miei. Anche “La lunga notte” era uscito in versione vinile, non numerata. Questa volta “Il mulo” è uscito in versione doppio vinile, 500 copie tutte numerate con due pezzi in più rispetto al cd. Uno è “Oh cara moglie” di Ivan Della Mea, che io ho realizzato per il 1° maggio di quest’anno e che ho voluto inserire nella scaletta del vinile. È anche ascoltabile e scaricabile gratuitamente dal mio sito. L’altro è una versione alternativa de “Il paese delle mummie”, più amara e più intima, anche più greve, più pesante. È una versione che mi è piaciuta molto, ma che alla fine non è stata scelta per il cd per lasciar spazio all’altra versione. Sul disco ci sono entrambe le versioni, ovviamente con lo stesso testo, ma con due arrangiamenti completamente diversi. Questa cosa mi ha stuzzicato e ho voluto inserirla nel vinile.

Il tuo ultimo lavoro conta anche due collaborazioni importanti: quella di Giovanni Rubbiani e quella di Francesco Magnelli. Come sono avvenuti gli incontri con questi due protagonisti della scena italiana rock metà anni ’80?

Francesco è un amico da tempo, ormai da tre o quattro anni: lui aveva fatto la produzione artistica e l’arrangiamento del mio primo disco da solista, “La lunga notte”. In quest’ultimo disco gli ho fatto fare, sì, la produzione artistica, ma ho voluto anche scrivere insieme a lui buona parte dei pezzi che compongono il disco. Perché Francesco è un musicista bravissimo ed è uno che vede la musica a 360 gradi, anche molto diversamente da me, e le due cose sono fuse insieme a creare alchimie musicali sonore che io da solo non sarei mai riuscito a fare. Quindi ho voluto coinvolgerlo ed appoggiarmi sulla sua collaborazione molto più del passato. Giovanni invece è un ex Ramblers, che in qualche modo ho re-incontrato lungo la strada. Quando anch’io sono uscito dal gruppo ci siamo ritrovati, abbiamo chiacchierato e abbiamo chiarito cose del passato. Devo dire che è stato un piacere ritrovarci a scrivere e a condividere cose che poi sono diventate canzoni, semplicemente. Con Giovanni c’è un amicizia che ci lega ormai da sedici, diciassette anni.
Con i Modena abbiamo fatto un bel pezzo di strada insieme, e adesso ne stiamo facendo un altro con questo disco e con ciò che potremmo ancora fare in futuro. Spero di trovare altra gente come loro con cui collaborare. Non solo suonando insieme sul palco, ma su vari livelli, magari scrivendo insieme a loro.

Guardando al passato dei Modena City Ramblers, hai nostalgia di quel periodo oppure era ormai concluso?

Avevo sicuramente bisogno di cercare altro, e l’ho trovato. Non lo vedo con nostalgia, tutt’altro, lo ricordo con tanta gioia ma come una cosa che è sempre più chiaramente nel mio passato. L’ho sempre sentito come la fine di un ciclo. Mentre ero in studio a incidere “Appunti partigiani”, l’ultimo disco che ho fatto con i Modena, per il quale ho chiesto la collaborazione di una serie di personaggi illustri a me molto cari, come Moni Ovadia, Francesco Guccini, Pierò Pelù,La Bandabardò, Paolo Rossi e tanti altri amici di strada, proprio mentre realizzavo l’album mi dicevo: «Beh, questo è proprio un gran bel punto di arrivo, più di così secondo me non si può fare.» E devo dire che ho sentito proprio l’urgenza, la necessità di uscire da quel progetto, proprio per ricominciare a mettermi in discussione. “Appunti partigiani” lo vedo come l’ultima cosa di un percorso iniziato dodici anni prima, da “Combat Folk” a “Riportando tutto a casa”, e che si concludeva con un disco ricco, pieno di personaggi, di storie da raccontare e di collaborazioni. Io lì ho chiuso un mio ciclo, e ne ho aperto un altro.

Ritornando al lavoro “Il Mulo”, questo conferma anche la scelta di una linea melodica suonata tra il rock e il folk?

Sì, è una caratteristica che negli ultimi anni mi sta stuzzicando molto. Io sono sempre stato visto come uno del folk, un cantautore folk, un cantante di un gruppo folk. Devo dire che da quando son da solo questa mia prerogativa si mescola con quelli che sono i miei ascolti personali, che sono più rock, più ampi rispetto al folk, e questo salta fuori nella composizione dei pezzi. Una strada che m’interessa molto, anche nei live, è mescolare queste due anime, quella rock, un po’ più elettrica, a quella folk, un po’ più intima, da cantastorie, che fa parte di me. In effetti, come hai detto bene tu, le due anime si stanno fondendo.

Mi fai una classifica di cinque posizioni dei tuoi ascolti rock di questo periodo?

In realtà ultimamente sto ascoltando dei cantanti e dei gruppi che tendono molto al folk. Ad esempio un gruppo americano, i Flip Foxies, che ha fatto un primo disco che è tra il rock e il folk, anche se loro non si vivono veramente come un gruppo rock. Mi piacciono moltissimo, e sto scoprendo anche cantautori folk, come Langorn Slim. Anche lui si rifà al folk americano, e assomiglia un po’ a Neil Young se vogliamo. Devo dire che i dischi che ascolto di più sono i vecchi dischi che han fatto la storia.

C’è un disco dei Led Zeppelin che torna mensilmente sul mio giradischi, e non può mancare alla mia eventuale scaletta. Poi vado sempre in cerca di nuovi gruppi e cantanti. Adesso sto ascoltando il nuovo disco dei Calexico. Sono uno che cerca di ascoltare tanta roba. Un disco che ho ascoltato tanto e che credo sia uno dei più belli di questo periodo è la colonna sonora di “Into the wild”, di Eddie Vedder il cantante dei Pearl Jam: è un disco assolutamente imperdibile.

Hai mai pensato di scrivere un libro sulle condizioni della nostra società, visto che ne parli spesso nelle tue canzoni?

Me lo chiedono in tanti. Credo di non essere in grado di scrivere un libro, sinceramente. Mi è più facile scrivere una canzone, pensare ad una musica da abbinare a delle frasi incisive e sintetiche, per descrivere quello che vivo e quello che vedo. Non sono tanto bravo ad allungare il brodo, come bisogna fare quando si scrive un libro: parti da un’idea e ci costruisci intorno, a seconda se stai scrivendo un saggio, un romanzo… Non è il mio campo. Mi piacerebbe saperlo fare, ma non credo di essere in grado.

Ringraziamo Cisco per la disponibilità. Un mega in bocca al lupo per il tour e per il disco!

Grazie, crepi il lupo, e speriamo d’incontrarci presto!

Alla prossima, ciao!

Ciao!

Ascolta intervista aduio a Cisco.

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