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Renato Garbo al nostro microfono per raccontare il nuovo lavoro “Congarbo”. Un disco ricco di tributi di numerosi Artisti della scena musicale italiana fra cui: Francesco Bianconi di Baustelle, Meg con Zu, N.A.M.B, Lele Battista che hanno voluto omaggiare uno fra i principali personaggi della scena rock anni ’80.

La tua idea di sperimentazione continua anche nel tuo doppio CD da pochi giorni pubblicato, “Congarbo” che rappresenta un tributo alle tue canzoni da parte dei nuovi talenti della musica indie italiana insieme al tuo contributo. Com’è nata questa idea?

Io ne sono venuto al corrente dopo, non immediatamente nel momento in cui è nata questa cosa da parte di artisti che hanno voluto “farmi un grande regalo”, però già la mia collaborazione con alcuni di loro è nata tempo fà, a partire da “Blu” con Luca Urbani e Delta V e poi con Busta, anche in “Giallo elettrico” perché ho collaborato con Morgan e altra gente. A questo punto evidentemente è successo che alcuni artisti e gruppi hanno pensato di unirsi a questa compagine e ne è nato poi un piacere da parte loro di sperimentare dei miei brani e di personalizzarli. E’ un pò come se questo lavoro sia stato affrontato in modo molto creativo da parte di chi l’ha fatto cercando di personalizzare molto la musica, io sono un pretesto, quel brano scelto dal gruppo o dall’artista diventa proprio, come se lo avesse scritto lui. Questo mi fa molto piacere e mi da anche modo di percepire nuove strade, di sperimentare a mia volta ancora di più, è come se ascoltassi la mia musica attraverso orecchie altrui e questo mi gratifica molto anche da un punto di vista creativo.

C’è stato un momento durante la tua carriera, quando già eri un personaggio molto noto, in cui hai deciso di intraprendere una nuova strada , cioè quella di allontanarti dalle etichette importanti per abbracciare la causa di quelle che in Italia vengono chiamate “etichette indipendenti”. Perché questa scelta. Per sottolineare il tuo desiderio di indipendenza e creatività?

Sì, ad un certo punto può succedere che ti senti intrappolato in un meccanismo che non ti permette di avere una completa libertà creativa e questo secondo me era un grande svantaggio, il vantaggio poteva essere quello di avere più visibilità, ma avere visibilità rispetto a cose che non necessariamente tu vorresti fare mi interessava poco. Ho scelto, così, in modo molto sereno di poter continuare il mio percorso in modo completo, senza vincoli. Questo è successo infatti poi sono nati anche album molto particolari, collaborazioni particolari come “Up the line” con la collaborazione di molti scrittori nuovi e giovani al momento, poi ho fatto sperimentazione musicale che mi ha potuto poi portare su territori non necessariamente pop quindi ho allargato molto le mie possibilità.

Il tuo esordio è con l’album “A Berlino…Va bene” nel 1981, anno in cui un grande maestro della musica italiana pubblicava un suo lavoro, Franco Battiato. Con il tuo album importavi dagli USA lo stile della musica new-wave reinterpretandola in una chiave personale. Com’è nato il titolo “A Berlino…Va bene”?

La gente ha incominciato a conoscermi nell’81 ma in realtà scrivevo musica da prima. “A Berlino…Va bene” nacque nel ’78 all’interno di un progetto di canzoni che sognavo di portare alla gente, cosa che è successa. Era molto importante per me il riferimento più che dagli Usa da una matrice più anglosassone, più europea da un punto di vista sonoro. Berlino la vedevo un pò come la capitale d’Europa, come il centro, il fulcro su cui ruotare una serie di considerazioni non solamente musicali ma anche di filosofia, di stile di vita, quello era il mio desiderio per cui ho cercato di fotografarlo e non so se ci sono riuscito più o meno bene ma è nato quell’album. Contemporaneamente io facevo il mio ingresso nella discografia ufficiale e multinazionale, arrivavo alla EMI di cui faceva parte anche Battiato che scoprì questa cosa e allora nacque abbastanza spontaneamente il fatto che potevamo anche fare un tour insieme in cui io facevo da supporter, ero un pò la mascotte del gruppo perché ero molto giovane e imparai molte cose attraverso quest’esperienza che fu lunga, abbiamo realizzato circa 60-70 concerti e fu una cosa molto bella che mi ha dato anche molto da imparare.

“Congarbo”, doppio CD edito da Venus ricco di tributi da parte di molti artisti della scena musicale italiana tra i quali: N.A.M.B, Lele Battista, Francesco Bianconi di Baustelle, Meg insieme a Zu. Ci sono anche tre bonus tracks, tre canzoni da te inserite: come sono state scelte e perché hai scelto queste piuttosto che ripescarne alcune dai tuoi archivi musicali?

Mi fu chiesto, una volta che il lavoro era quasi completamente finito, un mio contributo da parte di coloro che hanno prodotto questo lavoro ma pensavo di farlo in punta di piedi, non con qualcosa di molto eclatante proprio perché ci sono 21 gruppi e artisti che hanno veramente rivisitato un pò tutto il mio territorio, ci sono brani come “A Berlino…Va bene” degli esordi insieme a brani più recenti tratti da “Giallo elettrico”, c’è una panoramica molto ampia, allora ho pensato di pubblicare delle cose che durante gli ultimi anni ho fatto per il piacere di fare, non per inserirle in qualche album o lavoro. C’è “Comme d’habitude”, che è la versione originale di “My way”, quella francese, che per me fu una bella esperienza nel provare a cimentarmi su qualche cosa di molto classico anche per il piacere di sentire la mia vocalità su quella cosa, c’è un brano inedito, una cosa carina e molto leggera che si chiama “E non so perché” che non ho pubblicato in alcun album e poi c’è, invece, una versione che nacque ancora prima di quella che inserii nell’album “Giallo elettrico” del brano che si chiama “Garbo” di cui la musica è di Delta V ed il testo è mio. In questo caso è una versione molto “acustica”, quasi jazz e mi piaceva l’idea di far sentire delle demo che non ho mai pubblicato ma che appartengono anche al mio piacere di fare musica.

Hai mai pensato di scrivere un libro?

Certo e mi è stato anche proposto abbastanza di recente. Io onestamente per il momento non ci ho mai pensato seriamente. Forse potrebbe essere una cosa fattibile nel momento in cui ho la certezza di concludere questo lungo percorso musicale, allora magari si può fare un sunto della situazione, qualcosa che mi può rimanere anche come documento o testimonianza personale ma alla fine lasciamo fare il mestiere a chi lo sa fare, io non sono uno scrittore, sono uno che ha fatto semmai dei testi, dei brevi racconti ma lo scrittore non è il mio mestiere, occorrerebbe molto tempo e sicuramente collaborazioni che mi permettano di fare una cosa che abbia un senso.

Ascolta intervista audio a Renato Garbo.

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