Intervista a Sergio Cammariere: "in questo lavoro concentro tutte le mie anime musicali"Un compositore dalle note raffinate, soffici e caleidoscopiche questi solo alcuni degli elementi caratterizzanti la sua personalità. Abbiamo avuto modo di incontrarlo ed apprezzarlo durante diverse escursione sonori che spaziano fra i differenti stili sonori dal jazz alla bossa alle composizioni per pianoforte. Nel 2008 racconta al nostro microfono del tour Cantautore Piccolino, successivamente l’artista prende una pausa per dedicare la propria sensibilità ed esperienza al cinema ed al teatro, come agli esordi.

Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Sergio Cammariere per ascoltare insieme il suo lavoro. Bentrovato Sergio!

Grazie per avermi invitato, è sempre un piacere.

Un Cd che trasuda del tuo mondo. Possiamo definirlo un disco autobiografico?

Si, direi che è un concentrato di tutta la mia essenza, di tutte le anime musicali che da quando ho cominciato a fare questo mestiere contribuiscono a rendere unici sia i concerti sia gli album. Sento dentro la musica che ho ascoltato, che ho suonato, che ho amato. E il filo conduttore è sicuramente il sogno, l’immaginario, il vissuto interiore. Ci sono anche gli elementi primordiali della natura: l’acqua, la terra, il cielo… il mediterraneo. Tutto questo è nel nuovo album.

I riferimenti sonori sono diversi, la base è decisamente jazz e poi avvertiamo tanti richiami alla musica melodica, alla bossa e a tanto altro. Ma tutte queste canzoni sono state scritte per l’occasione?

No, sono brani che sono nati nel corso degli ultimi anni. Perché oltre a scrivere canzoni, mi occupo anche di cinema, di teatro, di televisione. Ultimamente per esempio ho lavorato per i Promessi Sposi, la grande opera di Michele Guardì e Pippo Flora, suonando i pianoforti e curando l’editing. Poi ho lavorato con Dacia Maraini in dieci nuove canzoni tratte da Teresa la ladra, uno spettacolo interpretato da Mariangela D’Abbraccio. Con Fabrizio Bosso invece abbiamo rimusicato tre vecchi film del 1915 del genio Charlie Chaplin: sono sessanta minuti di musica racchiusi in un dvd prodotto da Ermitage, casa di produzione francese. Per la RAI inoltre ho lavorato sul film Tiberio Mitri – Il campione e la miss, esperienza durante la quale ho avuto modo di appagare sia la mia anima jazz sia quella sinfonica, dirigendo una vera e propria orchestra. Insomma, davvero tanti progetti.

Hai voluto dedicare il disco al regista, scenografo e designer Pepi Morgia. Quale sentimento prevale?

Pepi era una persona garbata, un gentiluomo. Abbiamo fatto tanta strada insieme, a partire dal Premio Tenco. Curò anche la regia del mio primo dvd registrato allo Teatro Strehler di Milano. Non dimentichiamo che Pepi era amico di Fabrizio de André, e ha curato tutti i suoi tour. Ma anche Cristiano De André, Francesco Baccini, e tanti colleghi hanno avuto la sua ‘luce’.

Un cd ma non solo: anche un’edizione in vinile destinata a diventare ambito oggetto per i collezionisti?

Il vinile sta ritornando, e anch’io quest’anno mi sono ricomprato il giradischi con la puntina. C’è poco da fare: il suono analogico è completamente differente da quello digitale. Pensa che abbiamo voluto fare la masterizzazione di questo nuovo album in America, alla Sterling Studio, e l’ingegnere Craig Colby ha voluto seguire personalmente tutte le fasi della lavorazione, perché nel mondo, ormai, musica acustica non se ne fa quasi più, ed io sono uno tra i pochi artisti ad esprimersi ancora con strumenti principalmente acustici: contrabbasso, batteria, tromba ed altri ancora.

Che rapporto hai con il vinile?

Lo definirei viscerale. A casa ho una collezione di dischi pazzesca, un bell’impianto stereo e quando voglio pompare la musica veramente mi sparo le Tannoy Red Monitor (tipo particolare di casse, n.d.r.). Mi piace comprare quei dischi che non ho avuto nell’infanzia. Ad esempio mi è capitato di acquistare recentemente un’opera di Duke Ellington, lo Schiaccianoci di Tchaikovsky risuonato in chiave Jazz (Nutcracker Suite – Comp. P.I. Tchaikovsky, Arr. Duke Ellington e Billy Strayhorn, n.d.r.). Ci sono dischi di musica jazz che si trovano sono in vinile.

Ascoltando il disco assaporiamo due tracce strumentali: Thomas e Essaouira. Due canzoni provenienti da differenti culture. Una di matrice norvegese e l’altra che rimanda a un’antica città del Marocco.

La prima è un omaggio a Thomas, un mio amico che vive ad Oslo. Avevo già pensato in passato ad una musica per lui e poi, a un certo punto, insieme a Luca Bulgarelli al contrabbasso e Amedeo Ariano (musicisti che mi seguono in tour) abbiamo risuonato il pezzo che avevo in mente attribuendogli un dna minimalista: adesso somiglia molto alle ambientazioni di Jan Garbarek, un artista norvegese. Ma il brano è anche un omaggio al popolo norvegese tutto, un tributo alla sua compostezza, al modo di reagire anche di fronte a grandi tragedie. Ricordi quello che accade tempo fa nel campus (22 luglio 2011, oltre 80 vittime al campo estivo nell’isola di Utoya, n.d.r.)? Abbiamo scoperto che questo paese ha un substrato culturale molto solido, che è pari alla sua coscienza nazionale.

Non solo di jazz (che rimane comunque la struttura portante di questo nuovo lavoro) ma anche bossa nova. Possiamo considerarlo un tributo doveroso a Vinicius De Moraes?

Certo. E poi c’è il tributo al mio amico Sergio Bardotti, specificatamente con il brano Come è che ti va? Ma tra i pezzi ai quali mi sento più legato sicuramente ci sono i due elaborati a quattro mani con la collaborazione del filosofo Giulio: una s’intitola Controluce, ed è leggermente progressive e un po’ rock. L’altro pezzo s’intitola Transamericana. Poi c’è un’altra importantissima collaborazione, quella con Sergio Secondiano Sacchi, co-fondatore del Premio Tenco, ed intellettuale di grande spessore. Nella canzone Il principe Amleto abbiamo reso omaggio alla figura di Vladimir Vysotsky un grande cantante-poeta-attore, disconosciuto dalle autorità sovietiche poiché cantava la sua libertà. Censurato dal regime, lui girava e proponeva la sua arte per le strade, ed era amatissimo da tutti i russi, sia da quelli che vivono in patria, sia da tutti quelli che ho avuto modo di incontrare in giro per il mondo. Il brano è dedicato al rapporto esistente tra l’Amleto di Shakespeare e Vysotsky: in fondo sia Shakespeare che l’Amleto che Vysotsky stesso erano beffardi, irrequieti e fuori da tutti gli schemi.

Fra i tuoi collaboratori alla stesura dei testi c’è anche Giulio Casale. Che rapporto hai con la musica indipendente?

Beh, ottimo! In giro ci sono gruppi davvero interessanti. Però dobbiamo considerare che la mia storia da cantautore è arrivata dopo il cinema. Lavoro con Roberto Kunstler da tantissimi anni, infatti a giugno del 2012 festeggiamo il ventennale di militanza e di amore per la letteratura, la poesia e la musica: pensa che il 6 giugno del 1992 nacquero brani come Dalla pace del mare lontano, Sorella mia, Tempo perduto, e sono canzoni che tutt’oggi porto in giro nei concerti. Abbiamo iniziato il nuovo tour a Carpi, siamo stati a Bologna, e poi andremo a Roma, Milano, Verona, Padova, a Napoli al teatro Bellini il 23 aprile. Mi auguro di venire anche a Lecce quest’estate.

Sergio, ti ringrazio per la disponibilità. Un periodo ricco ed interessante musicalmente per un grande artista della musica italiana. Spero di incontrarti presto, un abbraccio, ciao.

Grazie Patrizio, è stato un vero piacere. Ascolta intervista audio a Sergio Cammariere.

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2 thoughts on “Intervista a Sergio Cammariere: “in questo lavoro concentro tutte le mie anime musicali””
  1. il disco mi piace per la
    il disco mi piace per la musica , i testi migliori sono quelli di sacchi e casale. nonostante la lunga collaborazione di cui cammariere parla,le canzoni di kunstler non mi piacciono,sono piene di retorica e molto banali,troppo sdolcinate. da cammariere,grande musicista,ci si aspetta che sia più attento alla scelta delle parole che canta.

  2. Sergio è un grande artista
    Sergio è un grande artista come pochi in Italia sanno essere, le sue note suonano di emozioni e invitano alla riflessione.

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