Suono elettro-pop di matrice italiana per un’artista che stabilisce una prestigiosa collaborazione con Roy Paci alla realizzazione di Mexico, un brano estratto da Mattino Blu Elettrico (Edel – 2011). Al microfono di patrizio Longo incontriamo Samuel Ferrari, bentrovato?

Ciao Patrizio!

Il titolo del singolo: Mexico potrebbe raccontare già tanto su questo lavoro, voglia d’estate?

Si, ho una gran voglia d’estate e di pensieri positivi. Mexico è un brano marino, salmastro. Evoca la spensieratezza della bella stagione, le giornate passate sotto l’ombrellone, le notti tiepide, in compagnia degli amici, i sapori, gli odori, la voglia di non fermarsi mai e di vivere fino all’ultimo respiro. Mexico è un grande invito a mordere la vita.

Come è avvenuto l’incontro con Roy Paci che partecipa a Mexico?

Tutto è avvenuto in maniera molto spontanea. Mentre stavo registrando Mexico mi sembrava che mancasse qualcosa, qualcosa in grado rendere ancora più solare e unica questa canzone. Ho pensato che potesse essere il pezzo ideale per Roy, così gli ho mandato una registrazione con le basi del brano. Poche settimane dopo si è presentato in studio a Milano con la sua inseparabile tromba e il suo proverbiale entusiasmo. È stato magnifico. Finite le registrazioni, a notte fonda, abbiamo festeggiato con una bottiglia Magnum Bellavista Franciacorta tenuta apposta per l’occasione! Una volta stappata ha innaffiato il parquet nuovo dello studio di Nicolò Fragile, il produttore del disco!

Mattino Blu Elettrico è il titolo del tuo primo album, se dovessimo raccontare l’essenza (in una parola)?

È un disco scritto in astinenza di sole. È figlio dell’alba e dell’urgenza del cambiamento. È un album a più voci, randagio e meticcio. Registrato a Los Angeles, prodotto a Milano, scritto un po’ ovunque. Blu elettrico è il colore del cielo senza nuvole carico di energia positiva. Quello che ha il potere di far crescere dentro di noi una positività insperata, un coraggio che pensavamo di non possedere.

Quali le cover contenute nel Cd?

La prima è Space Oddity di David Bowie; racconta la storia di un immaginario Major Tom disperso da qualche parte nell’universo con la sua navicella spaziale e della sua conversazione radio con la lontana base terrestre. Mi ha sempre molto colpito il frammento del testo che dice “Tell My wife I love her very much, she knows“. Mi fa venire in mente tutte le volte che mi sono sentito perso nel mare della vita ed ho pensato che l’unica cosa che volevo era che lei sapesse che l’amavo. La seconda è Personal Jesus dei Depeche Mode un pezzo che dal vivo faccio spesso e ho sempre amato per la sua carica di sensualità.

Ascoltando la tua musica ci sembra di intuire che le influenza sonore richiamano la musica solare. Quali sono i tuoi “padri”?

Ho ascoltato musica di tutti i tipi da sempre. Il mio stile deve tanto all’elettronica di Soulwax e Depeche Mode, è figlio dell’immediatezza sonora dei Duran Duran, si è nutrito del glam di David Bowie e possiede l’urgenza espressiva di Sex Pistols e Joy Division. Sul fronte italiano ho sempre amato i Litfiba (quelli con Piero!), Bluevertigo e Subsonica. Ascolto anche tanta musica classica. Il risultato di tutto questo è un sound difficilmente classificabile (almeno per me!).

Hai in programma un tour di presentazione?

Stiamo lavorando per preparare un tour che da Maggio in poi ci porterà in giro per l’Italia! Non vedo l’ora di partire. Adoro fare concerti, stare sul palco, avere un contatto diretto con la gente. Non dimenticate di visitare il mio sito www.samuelferrari.com per gli aggiornamenti riguardanti i prossimi concerti!

Quale il motivo che ti ha spinto a voler devolvere parte dell’incasso del Cd ad Emergency?

Sono convinto che la guerra vada abolita e che questo non debba limitarsi ad essere una idea utopica. Gino Strada è il tipo di uomo che dedica la sua vita a rendere concreta questa convinzione. L’associazione neutrale non governativa Emergency nel corso degli ultimi 16 anni ha curato nel mondo oltre 4 milioni di persone vittime di conflitti bellici. Quello che sta facendo è meraviglioso. Devolvergli una parte delle vendite del cd mi fa sentire partecipe del suo grande progetto.

Leggo che il Cd ha avuto una genesi lunga che ha interessato città molto diverse tra loro: Milano, Los Angeles, New York. Cosa ti hanno lasciato questi posti?

La musica credo sia intimamente legata al viaggio. Mi sono trasferito a Los Angeles per lavorare presso i Village Recorder Studios, dove hanno registrato, tra gli altri, Bono, Red Hot Chili Peppers e Pink Floyd. Lì hanno preso forma i brani che poi hanno costituito la track-list di Mattino Blu Elettrico. Ricordo le ore passate a comporre nella stanza d’albergo vicino Sunset Boulevard, l’oceano con le sue spiagge chilometriche, l’atmosfera rilassata, molto easy. A New York ho lavorato con Steven Hallin per le fotografie dell’album. È stata un’esperienza magnifica che mi ha permesso di scoprire i lati più nascosti di quella meravigliosa città. Quando ho composto le canzoni di Mattino Blue Elettrico mi veniva sempre in mente New York e la sua inclinazione al cambiamento e al dinamismo. È come se incarnasse perfettamente gli umori dell’album, la sua vitalità, la sua necessità di trasmettere energia, introspezione, amore. Milano mi fa venire in mente immediatamente Nicolo Fragile, il mio produttore, la persona che ha saputo dare forma alle mie idee. Ho tanti ricordi bellissimi legati a questa città. Il titolo dell’album, Mattino Blu Elettrico mi è venuto in mente proprio lì, una mattina di inverno. C’era questo cielo meraviglioso, terso, di un colore talmente intenso da metterti di buon umore. Mi ha ricordato Aosta, la mia città, i suoi lunghi inverni, i suoi cieli montani di un blu indimenticabile.

Se potessi descriverti attraverso un libro, un film ed un album quali sceglieresti?

Sceglierei sicuramente Alta Fedeltà di Nick Hornby, Control di Anton Corbijn e Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols. Sono molto legato all’opera di Nick Hornby perché è uno di quei libri che ti fa riflettere sulla tua vita, sui tuoi errori. C’è un amore bruciante per la musica. La stessa che provo io. C’è un ritratto bellissimo di Londra. Control lo adoro perché è un film incentrato sulla vita di Ian Curtis. I Joy Division sono stati uno dei gruppi che ho amato di più quando ero un adolescente. Inoltre ho sempre apprezzato molto lo stile di Corbijn; le sue fotografie ed i suoi video sono tra i più affascinanti che abbia mai visto. A Never Mind The Bollocks sono legatissimo. Mi ricorda quando avevo quattordici anni e da Aosta prendevo il treno per raggiungere Rock & Folk, uno dei negozi più importanti di Torino. Se penso ai Sex Pistols, mi vengono in mente quella trasferta, sento ancora la sensazione splendida dell’attesa immaginando il momento in cui avrei potuto mettere sul piatto quel disco per la prima volta.

A presto Samuel e in bocca al lupo per il tuo lavoro.

Grazie a Voi per l’ascolto.

Foto: Ufficio Stampa

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