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La comunicazione verbale è la protagonista indiscussa della sua vita, dal microfono subisce una particolare un’attrazione. I suoi comunicati sono diffusi da alcuni fra i principali Network nazionale.

Al microfono di Patrizio Longo incontriamo

Marco De Domenico

, speaker e doppiatore. Una giovane voce che in pochi anni ha conquistato ed affascinato il mondo della radio e della televisione. Bentrovato Marco!

Grazie Patrizio! Bentrovato a te, e a tutti gli amici che hanno scelto di ascoltare questa intervista.

Mi racconti come inizia la tua avventura in radio?

La mia avventura ha radici piuttosto profonde, perché riguarda proprio l’inizio della mia carriera. Era l’ottobre del 1994, e io desideravo tanto cominciare a lavorare alla radio, ma mi rendevo conto che le possibilità erano limitate alla mia zona. Sono nato a Milano, ma sono cresciuto a Roh, e nel ’94 avevo quasi 19 anni. Così bussai alla porta di Radio Reporter, una delle emittenti più ascoltate del nord Italia. Feci un provino, e purtroppo non mi presero, ma non mi scoraggiai abbastanza: dopo quindici giorni un amico di mio fratello mi chiese se mi andava di fare un programma per una piccola radio di Busto Arsizio, in provincia di Varese. Era Radio Studio 5, e io accettai, lo desideravo intensamente. Ci hanno preso, io speaker e lui conduttore, e dopo qualche mese sono andato a lavorare per l’emittente di alcuni preti, a Garbagnate Milanese, che si chiamava Radio Panda. Poi, poco dopo, ero a Radio Delta, a Parabiago, vicino Milano, dove rimasi per qualche anno. Dopo ho lavorato per due anni a Rete 8 Network, di Varese, e vi immaginerete che menata: mi alzavo alle 6 del mattino per essere lì alle 7:30, col primo notiziario. Nel ’98 sono andato a lavorare a Radio Number One, per approdare ad Italia1 nel 2000… ma questa è un altra storia, e ne parliamo dopo.

In una parola, qual è la magia del parlare al microfono?

In una parola? La magia del parlare al microfono è proprio la magia. È il grande vantaggio, di cui forse nessuno si rende conto fino in fondo, del «io parlo qui, tu mi ascolti lì». Anche soltanto guardando i notiziari delle reti, sia audio che video, perché ci arriva la loro voce?

C’è un buon microfono che le ha registrate. E come mai noi accendiamo la radio e sentiamo uno parlare a Milano, mentre magari siamo a Lampedusa?

La voce viene catturata dal microfono, che la trasforma in impulsi elettrici e la invia virtualmente in tutto il mondo. Adesso, col web, è sicuramente in tutto il mondo. Pure sulla Luna. Quindi la grande magia del microfono è la possibilità di trasformare in impulsi elettrici quel che è audio, conservando tutta l’emozione della voce, la passioni che noi speaker, doppiatori pubblicitari e conduttori radiofonici ci mettiamo. Io in questo momento sono davanti ad un microfono, e per me è bellissimo. È un simbolo straordinario del mio lavoro… poi questo è anche un Neumann, quindi è un microfono un po’ speciale. Sì, parlare al microfono è una magia, che si reitera ogni giorno.

Come ti trovi ad essere la voce ufficiale di

Italia1

?

Diventare la voce ufficiale di Italia1 è stato molto più semplice di quanto uno potrebbe immaginare: mi trovavo a fare una scuola di recitazione al microfono e di doppiaggio, dal ’98 al 2001, presso il CTA (Centro Teatro Attivo), Quelli di Mediaset stavano cercando un nuovo pool di voci ufficiali per la TV, perché volevano sostituire Gabriella Golia e fare gli annunci in sola voce. Volevano degli speaker che non fossero famosissimi ma che fossero già piuttosto bravi. Cominciarono a contattare le scuole, tra cui il CTA di Milano. Tra i numeri di telefono forniti dal CTA c’era il mio. Un pomeriggio io ero in onda su Radio Delta e mi arriva una telefonata da una tale che era responsabile di una tipologia di servizio lì a Mediaset. Io all’inizio non ci volevo credere, ma poi in realtà era tutto vero: mi ha convocato per un provino, a maggio-giugno del 2000, ed è stato indimenticabile. Ne sono seguiti altri sette o otto, sono durati per tutti i mesi di luglio, agosto e settembre, e alla fine mi hanno scelto, insieme a quattro colleghi. E facevamo la voce ufficiale di Italia1… in diretta! Parlavamo in diretta, come se fosse la radio, ma in televisione. Questa fase è durata dal settembre del 2000 al luglio del 2001, ed è stato in assoluto il periodo più bello della mia vita. Comunque, come vedi, Patrizio, non è stato molto difficile: è bastato andare lì e far sentire la propria voce.

Fra le diverse pubblicità che hai interpretato, a quale sei particolarmente legato?

Innanzitutto la prima e all’ultima, e le cito: la prima era per "Gommaspray", un prodotto per gonfiare le ruote delle macchine dopo aver forato prodotto, dall’Arexons nel 2000… il mio primo spot nazionale; l’ultimo l’ho fatto l’altro ieri, per Blockbuster. Poi, nel mezzo, ci sono un sacco di spot a cui sono legato: quella per il "Campagnotto" di Autogrill, in cui ho imitato Verdone ed è piaciuto moltissimo; "Grande Big Babol", a cui sono molto legato perché girata nello studio di persone che poi sono diventate anche amici. Ne registro almeno cinque a settimana. Comunque direi che sono legato alla prima, all’ultima, e a due o tre nel mezzo. Le altre fanno parte del gioco della vita.

Per chi volesse iniziare questa professione, quale consiglio daresti?

Il primo consiglio che darei è quello di fare una piccola analisi di coscienza, per decidere se la vostra voce possa essere adatta a fare il doppiatore, lo speaker, il conduttore radiofonico oppure no. Facciamo una piccola divisione: per fare in conduttore radiofonico non è indispensabile avere una bella voce, ma bisogna avere delle cose da dire; per fare il doppiatore non serve avere una bella voce, l’importante è che sia una voce particolare, che non sia una voce media, e bisogna essere dei grandi attori. Per questo ci sono dei corsi di recitazione, doppiaggio, ri-doppiaggio, eccetera. Per fare lo speaker, invece, bisogna proprio avere una bella voce, non avere difetti di pronuncia. Se ne avete, evitate di intraprendere questa carriera, perché le possibilità di riuscita sono pressoché nulle, a meno che non si frequenti un logopedista che insegni a parlare bene. Dopo questo, che credo sia difficile, è indispensabile togliersi l’accento regionale, che è ancora più difficile. Bisogna fare un corso di dizione, approfondire lo studio della lingua, perché è necessario saper parlare in italiano. Sfido chiunque a capire che io sono nato e cresciuto a Milano. C’è da dire che i miei genitori sono meridionali, e almeno in famiglia non si è mai parlato il milanese, il che è una cosa buona. Comunque avevo un fortissimo accento lombardo e l’ho tolto facendo tutti i corsi necessari. Quindi i consigli per chi comincia sono: evitate di partire se avete grossi difetti di pronuncia, o se avete una voce che è chiaramente brutta – anche se nell’ambito della voce la bruttezza è un concetto molto relativo – ed evitate di partire se non siete disposti ad importanti sacrifici negli anni a venire. Se a tutte e tre queste cose le risposte sono negative, allora incominciate con un buon corso di dizione, poi fate un corso di teatro, per imparare a recitare, per accostarvi infine piano piano al mondo della radio, o della pubblicità, o della tv. Fate dei piccoli spot locali, magari prima per gioco, registrati in casa, e poi andando sempre più in la man mano che imparate l’arte dell’uso professionale della voce. Io dico sempre che si è speaker molto prima nelle orecchie che nella bocca, quindi attenzione: ascoltate sempre tutto, e quando parlate ascoltate attentissimamente la vostra voce. È una cosa che io faccio regolarmente, mi sembra quasi di ascoltare le mie parole ancor prima di pronunciarle.

Hai una meta che vorresti raggiungere nel tuo percorso lavorativo?

Se la meta è intesa come punto di approdo, no. Per quello che è il mio carattere non credo che potrei mai dire: «Ok, sono arrivato. Basta così, ho finito. Mi ritiro.» No, questo no. Mi considero una persona molto ambiziosa… sono ambizioso almeno quanto sono pigro… e queste due cose si bilanciano in maniera quasi perfetta, quindi alla fine procedo per piccoli passi. Se per meta intendi qualcosa di intermedio, un passaggio, allora forse mi piacerebbe doppiare un grande film, o forse mi piacerebbe condurre un programma a Radio Deejay, o forse mi piacerebbe andare a fare Chi vuol essere milionario, di Gerry Scotti. Non lo so, ogni giorno è un giorno nuovo, non mi chiudo nessuna possibilità, anche se francamente la probabilità che io arrivi a fare una di queste tre cose è relativamente scarsa. Specialmente per Chi vuol essere milionario.

Adesso ci salutiamo, ma con quale voce?

Con quale voce ci salutiamo?

Ti posso fare cento miliardi di intenzioni, posso usare la voce in un’infinità di modi, è il mio lavoro. Ti posso imitare un sacco di personaggi… ti imito Verdone, ma te ne potrei imitare centomila, cosi come tutti gli accenti regionali. C’è quella scena bellissima in cui Verdone mette e toglie le calze alle nonna, nel film "Bianco, Rosso e Verdone", il suo secondo film, nel 1980. (con la voce di Verdone) «Mettije e calze, toglije e calze… io je le tajerei quee gambe! Dice… dice Mimmo… mo se chiude, eh? Tutti a casa, se chiude.» Ma ce n’è un miliardo… (con la voce di Vasco Rossi) «C’è Vasco, ciao sono Vasco!» oppure c’è Max Pezzali: (con la voce di Max Pezzali) «Sì sì… perché… sì sì… Io, non capisco che gli fai quando arrivi in mezzo a noi…» Ma ce n’è… gli accenti regionali (con accento toscano) «C’è il toscano, Dio bonino, che mi viene particolarmente bene, (passando al calabrese) c’è il calabrese, mannaja a santu rroccu, (passando al siciliano) c’è il siciliano, d’altronde mio mio padre ha origini palemmitane, e quindi l’accento riesce particolarmente bene…» Che ti posso dire… come ci salutiamo? (ride) Ti dico ciao, spero ti basti!

Grazie Marco, in bocca al lupo per tutto, e a presto!

Ciao Patrizio, grazie a tutti gli amici che hanno scelto di ascoltare questa intervista! Bye bye!

Ascolta intervista audio a Marco De Domenico.

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