Nel 2011 ci raccontava di È un disco con una voce sottile, che sapeva sussurrare verità in punta di penna. Melodie leggere e intense come pagine vissute.
La sua musica è cambiata, è cresciuta, come lei. Ma resta quella forza educata di Erica Mou che sa scardinare senza urlare.

La ricordiamo in Nature, con quelle parole che danzavano tra l’italiano, l’inglese e il dialetto. Con il suo primo romanzo: Nel mare c’è la sete. E ancora con la potenza delicata di Mani d’ortica, entrata nelle attenzioni dei fans.
È tornata, ma non è mai la stessa, forse è proprio questo il suo incanto più vero: riesce sempre a riconoscerci anche quando siamo cambiati.
Da Sanremo ai teatri, dai libri al cinema, la sua voce resta un ponte tra le cose che sentiamo ma non sappiamo dire. Perché ogni sua risposta è un piccolo verso da tenere in tasca.

Al microfono di System incontriamo Erica Mou con la figlia Bianca per raccontare di Cerchi.
Un disco che suona come un viaggio dentro e fuori di sé. Una riflessione spietata e dolce sull’essere adulti, sul diventare roccia senza smettere di assorbire ed uno sguardo anche al libro: Una cosa per la quale mi odierai.