In un momento di piena creatività, ci troviamo con Raiz, nome d’arte di Gennaro Della Volpe, per un’intervista intensa ed occasione per raccontare il percorso artistico che lo ha visto protagonista come voce degli Almamegretta, per poi intraprendere una carriera solista ricca di collaborazioni internazionali.
Al microfono di Patrizio Longo incontriamo incontrare Raiz nel cuore pulsante della sua creatività, in studio di registrazione, dove sta lavorando a un nuovo progetto musicale.
Abbiamo iniziato parlando della sua separazione temporanea dagli Almamegretta. Per lui non si è trattato di un addio, ma di una naturale evoluzione: paragona la band a un albero con rami che si allontanano ma restano uniti alla stessa radice. Il legame è ancora forte, tanto che capita spesso di ritrovarsi sul palco insieme.

Gli ho chiesto cosa l’abbia spinto alla carriera solista. Mi ha spiegato che nei gruppi si cresce, si cambia, e a volte si arriva a una “secca” creativa. Era il momento giusto per cercare nuovi stimoli. Con grande rispetto verso i suoi ex compagni in particolare Gennaro Tesone, oggi fulcro del progetto ha intrapreso un nuovo cammino, lasciando spazio a voci nuove come Lucariello e Zaira.
Abbiamo parlato delle sue collaborazioni più importanti: Leftfield, Massive Attack, Giovanni Lindo Ferretti, Bill Laswell. Con Ferretti c’è una connessione umana, fatta di parole e idee condivise. Con altri, come i Massive Attack, tutto è nato da un’intuizione, un’amicizia, un ascolto ricambiato. È la magia dell’incontrarsi.
Raiz mi ha raccontato di WOP, l’album del 2004 che ha segnato il suo distacco dagli Almamegretta. Un disco “spaesato”, come lui stesso lo definisce, alla ricerca di una collocazione, forse anche personale. E ora un nuovo progetto in arrivo: un ritorno al reggae, al dub, alla canzone napoletana. Un album caldo, live, potente, realizzato con grandi musicisti come Laswell, Amid Drake e con la produzione di Eraldo Bernocchi.
Parlando di testi, mi ha confidato che Paolo Porcari è il suo alter ego musicale. Complicità che nasce da lontano, dall’84, e che continua anche oggi: Paolo ha curato tastiere e arrangiamenti del nuovo album.

Siamo arrivati a toccare temi profondi come la lingua e la comprensione del messaggio musicale. Per Raiz, non è importante capire parola per parola: è il suono, l’intenzione che arriva. Anzi, cantare in dialetto diventa uno strumento per “spaesare” l’ascoltatore, per farlo interrogare, per uscire dai confini noti.
Abbiamo chiuso con una riflessione sul concetto di diversità e contaminazione. Raiz crede che viviamo in un mondo omologato più che globale, dove le culture diverse sono ridotte a “spezie”. Ma l’arte può rompere questi schemi, e artisti come lui vogliono essere “glocal”: radicati nel locale ma aperti al mondo.
Perché forse ha più in comune con chi sta sull’altra sponda del Mediterraneo che con un cittadino del Nord Europa. E questa, per lui, è la vera bellezza della contaminazione.
Ascolta intervista a Raiz.
Foto: Arealive.it