Siamo all’ascolto di un lavoro che incontra e gioca con diversi stili dalle atmosfere folk, alle composizioni di musica classica alla musica elettronica. Popular Games un lavoro che ha come filo conduttore la passione dell’Autore nella coniugazione di sonorità raffinate e composizioni colte.

Incontriamo Max Fuschetto autore di Popular Games. Un disco che sembra vivere un contrasto un disco che fonde composizioni fra elettronica, folk ed altro con una copertina “bucolica”. Quale il punto d’incontro?

Popular Games nasce dall’interesse per il suono e le forme in cui esso può strutturarsi; a volte si dimentica che gli stili sono soprattutto forme musicali, in questo disco ho voluto esplorare una serie di modi in cui il suono può organizzarsi e per farlo sono ricorso ad un insieme di elementi che sono patrimonio musicale comune. Dopo qualche ascolto, in Popular Games, il contrasto lascia il posto ad una linea di continuità che l’ascoltatore elabora scoprendo connessioni che vanno oltre lo stile. Se un lavoro unitario può nascondere una grande varietà di invenzione, al contrario una eterogeneità di superficie può essere controbilanciata da una coesione interna che si scopre pian piano. Mi vengono in mente i Beatles prima e dopo il 1965.

Potremmo affermare che è un disco d’atmosfera?

Non so, alla fine ho scoperto che il lavoro aveva un suo mood e questo nonostante le tecniche di ripresa a tracce separate. Il ricorso a questa soluzione e l’effetto finale ha sfatato dentro di me uno dei tanti luoghi comuni che circolano nel mondo musicale e che riguarda da vicino ciò che è considerato autentico da quello che non lo è. Un quartetto di strumenti che suona insieme non è più reale di quattro musicisti che eseguono parti che poi verranno assemblate, è semplicemente diverso. In tutte e due casi poi, in fase di editing, è possibile realizzare una serie di manipolazioni del suono e delle sezioni che portano a risultati che dipendono dal caso e dalla volontà del compositore. In sintesi l’atmosfera che il disco sicuramente esprime è un risultato del secondo momento, quello della ricomposizione di tutte le tracce attraverso il missaggio e l’editing.

Notevoli le influenza derivanti dalla cultura Arbereshe. Come ti avvicini?

È stato un caso. Qualche anno fa ho ascoltato Antonela Pelilli ad una presentazione di un lavoro discografico. Intonava un canto senza nessun accompagnamento strumentale e senza l’ausilio del microfono. La sua voce era molto bella ed esprimeva significati arcani per cui al momento ne fui davvero colpito. Quando poi in Popular Games ho deciso che accanto ai brani strumentali fosse ben rappresentato anche l’elemento vocale, chiamai Antonella che fu contentissima di partecipare al progetto. Una collaborazione che immediatamente ha prodotto un brano inedito, Portami con te. L’arbereshe ha rappresentato nel disco una soluzione linguistica inaspettata e originale che oggi sto approfondendo immaginando anche accostamenti con altre lingue come l’inglese.

Un disco nella sua semplicità esprime la ricerca e la raffinatezza compositiva?

L’elemento comunicazione esige chiarezza. Questo mi fa pensare che più che di semplicità potremmo parlare di comprensibilità. Nella musica, dove è la memoria a connettere i fili di ciò che si ascolta attimo dopo attimo, se ci si muove a più livelli, polifonico, poliritimico ecc., diventa essenziale un lavoro sul piano formale – che poi è il modo in cui la musica si sviluppa nel tempo- il quale renda comprensibili tutti gli elementi in termini di percezione. Quindi la semplicità può venir fuori da un lavoro di sottrazione che converge verso l’unità.

Quali sono i compagni di viaggio per questo lavoro, come sono stati scelti?

I musicisti presenti nel lavoro hanno tutti avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’album. Sono per lo più musicisti che conosco da molto tempo e con cui ho condiviso la realizzazione di altri dischi e un’infinità di concerti in giro per l’Italia : Pasquale Capobianco che ha curato le chitarre, Daniele Brenca al contrabasso, Giulio Costanzo alle percussioni, Salvatore Cuccaro al trombone, Girolamo De Simone al pianoforte, Maurizio Ferrara al flauto, Silvano Fusco al violoncello, Vittorio Fusco al violino, Luca Incoronato al fagotto, Franco Mauriello e Pericle Odierna ai clarinetti, Elena Pozzuto all’arpa, Daniela Polito voce in Fase Rem, Antonella Pelilli voce nei due brani in lingua arebreshe presenti nel disco, Irvin Luca Vairetti voce in Harsh Voices. Nel disco le loro “voci” così originali contribuiscono alla fisionomia di un lavoro volutamente corale.

C’è un brano che ti lega ad un particolare ricordo?

Nel booklet del disco ho inserito un diario dove in qualche punto mi sono soffermato sul rapporto tra la mia musica e la mia vita, ne trascrivo un passaggio: “ad ottobre ho completato da qualche tempo la riscrittura di Canzone del nord. Quartetto di legni e arpa. Avevo scritto il tema in un viaggio a North Cape ma mi sembrava troppo semplice, poi l’anno dopo a Londra avevo conosciuto due fratelli estoni che sognavano di realizzare qualcosa nel mondo della musica. Erano poveri, molto giovani e la loro semplice musica aveva poesia. In un brano di cui ho conservato solo una vaga immagine usavano i legni, mi colpì il fagotto. L’idea mi piacque e decisi di tentare un arrangiamento che suonasse fresco come il loro. È rimasto essenzialmente un brano molto leggero ma con una polifonia di linee messe lì a riempire i vuoti lasciati da quei giorni…”

Ad un personaggio eclettico come te mi piacerebbe domandare: cosa pensi dei talent show?

Beccato! Ne so pochissimo ! Dall’indice di gradimento di alcuni programmi devo dedurne che sono in linea con quello che il pubblico si aspetta. Il rapporto con la musica è forte e, da quel che ho ascoltato, c’è anche molta cura negli arrangiamenti, nei testi, nella scelta del suono oltre che nell’individuazione del personaggio, ma il tutto riguarda un settore specifico che tuttavia, almeno in Italia, occupa la maggior parte degli spazi. Direi che se la cosa fosse presentata in un contesto più equilibrato come accadeva nella TV del passato in cui c’era spazio anche per trasmissioni sul Jazz, la musica contemporanea ecc. o come accade all’estero, sarebbe anche interessante seguirne gli sviluppi.

Hai in programma dei live dove proporre Popular Games?

Già sto realizzando delle presentazioni del lavoro ma il modo in cui propongo il disco non è sempre uguale. Dipende dalle occasioni e dai contesti . Sto però elaborando una dimensione elettro-acustica con la presenza della computer-music che mi permetta di poter partire da Popular Games e dal suo melting pot per realizzare nuove esperienze sonore e stilistiche e, perché no, anche collaborazioni.

Foto: www.myspace.com/maxfuschetto

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