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Nell’orizzonte della musica italiana, James Senese si pone come una figura imprescindibile: artista autentico, visionario e instancabile, la cui voce tanto nel suono del sax quanto nelle parole ha attraversato quasi sessant’anni di storia musicale e sociale.

Sassofonista, compositore, anima inquieta e profonda del Sud. James Senese ha dato vita a un linguaggio sonoro unico che unisce jazz, funk, afrobeat e radici partenopee, trasformando il dialetto napoletano in una lingua universale, capace di parlare direttamente al cuore.

Intervista a James Senese
James Senese in studio – Foto: Riccardo Piccirillo

Fondatore degli iconici Napoli Centrale e volto indimenticabile del movimento Neapolitan Power, insieme a Pino Daniele e Franco Del Prete, James ha portato sulla scena la forza della verità, l’urgenza della denuncia e la sacralità dell’identità.

I suoi concerti sono riti collettivi, dove padri e figli si ritrovano sotto lo stesso groove, mossi da un’energia che attraversa le generazioni.

Oggi, con il ventiduesimo album Chest nun è ‘a terra mia, Senese conferma la sua irriducibile capacità di leggere il tempo presente e trasformarlo in musica: un’opera intensa e necessaria, che unisce spiritualità e ribellione, memoria e visione.

In questa intervista James Senese si racconta con la lucidità e il fuoco che da sempre lo abitano, consegnandoci ancora una volta il senso profondo della sua arte e della sua missione.

Incontrare James Senese è come entrare in contatto con un fiume in piena, un’anima ribollente che ha attraversato decenni di storia musicale, culturale e sociale. Un artista autentico, visionario, instancabile. La sua voce sia nel soffio del sax che nelle parole racconta la Napoli più profonda, quella che non si arrende mai.

Al microfono di System, per parlare del suo nuovo album, Chest nun è ‘a terra mia, ma anche per attraversare insieme un pezzo di storia che è diventata leggenda.

Intervista a James Senese
James Senese – Foto: Mario Spada

James Senese ha quasi sessant’anni di carriera alle spalle, eppure mi confessa ogni volta che sale sul palco, l’emozione è la stessa. “È ancora dominante il linguaggio, è dominante la mia composizione” mi dice con la passione intatta di chi sente di avere ancora molto da dire.

Parliamo del nuovo disco, il ventiduesimo, che già nel titolo è una dichiarazione potente. Chest nun è ‘a terra mia nasce in un tempo complicato, fatto di guerre, caos e sentimenti soffocati. “Il male è dominante,” mi spiega, “non c’è più libertà, nemmeno nel sentimento. Siamo pilotati da un sistema che fa quello che vuole.”

Eppure, in mezzo a questo disordine, la sua musica resta un faro. È un linguaggio che abbraccia tutto: jazz, funk, afrobeat, tradizione partenopea. E il dialetto napoletano diventa per lui una lingua universale, capace di comunicare emozioni che l’italiano, semplicemente, non riesce a esprimere.

Ripercorriamo anche un passaggio chiave della sua vita: l’incontro con Pino Daniele. È stato lui a “scoprire” Pino, a introdurlo in Napoli Centrale. “Gli ho dato una parte della mia anima,” mi dice con un sorriso che sa di nostalgia e orgoglio. In quegli anni, Senese ha mostrato a Pino “tutta l’America che aveva dentro”, quella Napoli Centrale estrema, potente, visionaria.

La musica di James è da sempre un ponte tra mondi e generazioni. Mi racconta con emozione di vedere padri e figli, mamme e giovani, uniti sotto lo stesso groove. “È una sensazione fortissima,” mi dice, “perché significa che ieri e oggi convivono sullo stesso palco.”

Nel brano Metropolis, ad esempio, elettronica e tradizione si intrecciano in una forma di preghiera musicale. “È un brano mediterraneo, che appartiene al nostro modo di sentire. È forte di sentimento.”

James non è solo musica. È spiritualità profonda. Nel disco si sente chiaramente questa dimensione. Mi parla del suo legame con Dio, con la luce, con Gesù. “Forse Dio è proprio l’universo intero” riflette. Ma è anche critico con l’umanità: “Dio ci ha creati, ma noi l’abbiamo ucciso. E adesso dobbiamo pagare.”

Parliamo anche del docufilm a lui dedicato, presentato a Venezia. “È stato come essere su un altro pianeta,” racconta. Un’opera che restituisce la sua parabola umana e artistica, attraverso lo sguardo del tempo e di chi ha saputo raccontarlo.

Gli chiedo che cosa vorrebbe dire oggi ai giovani. La sua risposta è disarmante e sincera: “Sono distratti. Ma non è colpa loro. Scopriranno da soli la strada.” E quando gli chiedo che messaggio lascia con questo nuovo disco, risponde con semplicità e verità: “Ascoltatelo bene. I sentimenti universali sono tutti lì. È un disco d’amore. Per chi ci ha creati.”

E forse è proprio questo il senso più profondo della musica di James Senese: una preghiera, un atto di resistenza, un grido d’amore.

Ascolta intervista a James Senese


Foto: Ufficio Stampa Big Time

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