Il Festival, in questa 56ª edizione, ha lasciato molto a desiderare. Un evento mediatico di tale valore è naturale che abbia una forte eco. Numerose le critiche alle scenografie, giudicate troppo buie (post anni ’80), e agli artisti internazionali, poco conosciuti.
A mio personale giudizio, il Festival da anni non riesce a proporre artisti e soprattutto canzoni degne della cultura italiana. La classica canzone da Festival.
Il vincitore di questa edizione ha presentato un brano con metriche identiche a quello della precedente. In una visione di Festival privo di canzoni degne di questo palco.
Si è appena conclusa una rassegna di artisti jazz italiani in EXTRANET.

Diverse le figure provenienti dal Sud del Paese: Ivan Segreto, Paolo Fresu, Amalia Gré, Sergio Cammariere, che hanno raccontato il proprio percorso musicale.
In questa prospettiva di cultura e amore per la musica è da tempo che ammiro Mario Venuti. Un artista che, a mio avviso, avrebbe meritato maggiore risalto nella rassegna canora. Purtroppo così non è stato.
Come accade quasi in modo rituale, la canzone vincitrice del Festival non è mai quella che risulta ai primi posti nelle classifiche di vendita alla conclusione della manifestazione. Speriamo che anche quest’anno il rituale si ripeta e porti Mario Venuti al numero 1 delle classifiche.
Un altro posto nel mondo, la canzone che rappresenta il calore della Sicilia, città natale dell’artista, vede la collaborazione alla scrittura di Kaballà. Sul palco del Festival, Mario Venuti si è esibito con Arancia Sonora, band che ha collaborato in passato con l’artista, e con Patrizia Laquidara.
Numerose le collaborazioni avute: prima con i Denovo, successivamente con Carmen Consoli, e infine da solista.