Quel maledetto bisogno d’amore nasce presto, spesso in silenzio, e cresce dentro di noi come una fame che non conosce sazietà.
È il bisogno di essere visti, riconosciuti, scelti, anche solo per un istante.
E allora impariamo a mendicare attenzioni, a svenderci, a ridurci pur di sentire che contiamo per qualcuno.
Non ci accorgiamo subito del prezzo che stiamo pagando, perché sembra invisibile.
Quel prezzo, però, è il rispetto verso noi stessi.
Nel tentativo di non perdere gli altri, perdiamo pezzi di noi.
Accettiamo parole vuote, presenze intermittenti, affetti a intermittenza.
Ci convinciamo che l’amore debba far male, che l’attesa sia una prova, che il silenzio sia normale.
Ma dentro, lentamente, qualcosa si spegne.

Il rapporto con i nostri cari diventa il primo specchio di questa ferita.
Ci sono amori che restano, ma non arrivano mai fino in fondo.
Ci sono famiglie piene di persone e povere di ascolto.
E così scopriamo una verità difficile da accettare: si può essere circondati e sentirsi comunque soli.
Perché esistono due solitudini.
Quella dell’essere soli davvero, che a volte cura e protegge.
E quella del sentirsi soli accanto agli altri, che consuma e svuota.
È la solitudine di chi parla ma non viene ascoltato.
Di chi ama troppo e riceve poco.
Solo quando smettiamo di elemosinare amore capiamo che il vero atto di coraggio
è scegliere noi stessi, anche se fa paura.
Perché l’amore che manca fuori non può giustificare quello che togliamo a noi dentro.
Foto di juan pablo rodriguez su Unsplash