Ti ricordi quando un’estate durava per sempre?
Era il tempo delle biciclette sgangherate e delle ginocchia sbucciate, delle sere che odoravano di gelsomino e zanzare, dei tramonti che non avevano fretta. Quando il tempo sembrava un elastico lunghissimo, tirato tra un sogno e un altro. E ci chiedevamo, con la leggerezza di chi non sa ancora, chissà che farò a diciott’anni?
Ci sembrava un’età lontanissima, una frontiera magica oltre la quale tutto sarebbe stato possibile.
Poi siamo cresciuti.
E qualcuno ci ha detto che per essere felici bisogna dimenticare.
Dimenticare come si guarda il cielo con quella meraviglia silenziosa, che ti fa sentire piccolo e immenso allo stesso tempo.
Dimenticare come si ascolta un disco non con le orecchie, ma con la pelle, con il cuore che batte a tempo, con gli occhi che si chiudono per volare via.
Dimenticare come si prova l’amore non quello misurato, educato, conveniente… ma quello che travolge, che spacca il fiato, che non chiede il permesso.

Eppure, da qualche parte, quell’estate infinita vive ancora.
Forse in una canzone che non sentiamo da anni, in un odore che ci coglie all’improvviso, in un sorriso che ha la stessa luce di allora.
Forse basta solo ricordare.
Ricordare come si fa a non avere fretta.
Come si fa a sentire tutto.
Come si fa a essere vivi.
Perché poi arriva anche il tempo che viviamo adesso.
Quello che sembra non passare mai, che a volte ci sembra vuoto, in cui tutto ci pare stanco, incolore, inutile.
Ci diciamo: “non mi piace niente”, “non provo niente”.
Eppure, basta aspettare. Basta allontanarsi un po’.
Perché col passare degli anni, anche questi giorni proprio questi diventano ricordi.
E se li guardi da lontano, ti accorgi che in mezzo a quel niente c’era vita.
C’era bellezza anche nel non fare nulla, nell’attesa, nella noia.
E riconosci che ogni età ha i suoi momenti intensi, anche se non ce ne accorgiamo subito.
È così che il tempo, alla fine, ci insegna la sua verità più semplice:
che ogni attimo può diventare prezioso, se lo sai ricordare.
Music track: Too Late by Moavii
Foto di Szűcs László su Unsplash