Giovanni Giulino di Marta sui Tubi racconta in EXTRANET la propria esperienza musicale.”Marta è una tipa che casualmente ci contendevamo senza saperlo. Ma è una storia vecchia…”. Hanno abbandonato la Sicilia evidenziando il ruolo svolto dalla cultura popolare che si confronta con le nuove generazione.

Non è stato il loro caso.Iniziano a suonare a Bologna nel 2002.  La loro musica viene paragonata ad una serie di foto messe in sequenza.

Chi è “Marta sui Tubi”. Un personaggio della fantasia o un riferimento a persona in carne ed ossa?

Marta è una tipa che casualmente ci contendevamo senza saperlo. Ma è una storia vecchia che adesso ci fa sorridere. Allora non ci conoscevamo bene e la prendemmo male, sai l’orgoglio siculo…

Nati in Sicilia, la vostra seconda patria è Bologna dove iniziate a suonare. La Sicilia è una terra ricca di talenti. Quanto le tradizioni popolari hanno influito nelle vostre realizzazioni?

Ma, le tradizioni popolari direi che hanno contribuito a farci allontanare musicalmente da tutto ciò che è propriamente detto folklore: le tarantelle le mazurche, le feste in casa con parenti, i gruppi folkloristici con i loro costumi anacronistici ci hanno sempre annoiato. Poi alcune cose ti rimangono dentro senza averne consapevolezza, come la radice cristiana per esempio, ma quando hai già chiara la tua direzione questo non è più un problema.

La vostra musica potremmo definirla come una serie di fotografie messe in sequenza?

Perché no, è una definizione che ci può stare; solo che ogni fotografia è stata scattata con un tempo di esposizione molto lungo.

Adesso la lineup, siete più rock o folk?

Non ci poniamo il problema, è compito dei giornalisti dare le etichette. La cosa che trae in inganno è l’uso della chitarra acustica in tutti i pezzi che porta a sonorità abbastanza assimilabili ad un certo tipo di musica tradizionale o cantautorale, in realtà le nostre canzoni nascono da sperimentazioni vocali e strumentali che poco hanno a che vedere con l’archetipo folk o rock.

Durante le vostre esibizioni live. Quanto c’è di divertimento e quanto di lavoro?

I due aspetti coincidono. Ci pagano e quindi sarebbe un lavoro ma in realtà se non ci divertissimo (e tanto) non lo faremmo. È il calore della gente che viene a vederci che ci fa fare centinaia di km ogni settimana in giro per l’Italia.

Sarete presenti al Mei ed. 2006. Avete qualche anticipazione da raccontare?

Non penso che saremo presenti al Mei quest’anno. Siamo stati presenti al mei per 3 anni di fila e ci siamo sempre molto divertiti ma quest’anno è arrivato il momento di togliersi di torno per un po’.

BlowUp la rivista di rock ed altre contaminazioni ha scritto: ”E’ una piccola bomba per il panorama musicale italiano”. Quanto ritenete esatta la definizione?

È la parola “piccola” che è sbagliata. :-))

Chi è la “Gente che deve dormire”?

Per esempio i nostri vicini di casa ad esempio che già alle 23 di sera bussano alla ns porta protestando contro il volume della musica.

Come sono nate le collaborazioni nel vostro secondo lavoro. Mi riferisco a Bobby Solo, Paolo Benvegnù e Moltheni?

Sono amici con i quali ci è capitato di dividere il palco tante volte. quindi quando abbiamo avuto l’occasione li abbiamo “usati” per arrangiare il nostro album. Bobby Solo invece l’abbiamo cercato perché la sua voce era perfetta per una nostra canzone “via dante”, lui ha accettato ed è venuto in studio a registrare.

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