Scrivere sul maestro Sakamoto risulta sempre un compito non semplice. Lo abbiamo ascoltato nella sua prima pubblicazione da solita del 1978 “Yellow Magic Orchestra” insieme ad Haroumi Hosono e Yukihiro Takahashi.

Collabora con personaggi del calibro di David Bowie, David Byrn, Iggy Pop, Youssou N’dour, Caetano Veloso e con David Sylvian.

Abbiamo apprezzato il suo contributo alla Bossa-Nova con le varie edizioni del progetto “Morelenbaum2/Sakamoto” insieme a Jacque e Paula Morelebaum che hanno permesso al Maestro di registrare nella casa del musicista Antonio Carlo Jobim. Sakamoto affermava in un’intervista rilasciata ai media:”E’ stata un esperienza magica sembrava che Antonio guidasse le mie dita….”

Non c’è dubbio che il disco che lo ha fatto conoscere al mondo resta “Merry Christmas Mr. Lawrence” colonna sonora del film “L’ultimo imperatore” ed ancora ha sonorizzato per “Cime tempestose”, “Il piccolo Buddha”.

Ultimamente abbiamo ascoltato le nuove collaborazioni che il maestro ha intrapreso con sperimentatori come Alva Noto ed il progetto “Vrioon” (2002) per la Raster Noton. Una combinazione tra minimalismo e tappeti sonori eterei. Il progetto che per molti dava un momento di smarrimento di Sakamoto si conferma attraverso il secondo volume intitolato “Insen”.

Appena pubblicato il disco che segna il ritorno di Sakamoto con un album solista. Si intitola “Chasm” per la label KA’+B.

Si torna alle origini ai primi ascolti quelli che hanno caratterizzato la cultura del Maestro. Radici elettroniche e classiche da Beethove ai Beatles dove silenzi fatti da loop creano atmosfere infinite. Un lavoro semplice come afferma lo stesso Sakamoto ma nella freschezza troviamo anche tanta semplicità frutto di esperienza.

Non si intravede un genere definito è tutto un fluttuante lineare ascolto che conferma l’ammirazione da parte nostra nei confronti dell’Autore.

Incluse nelle quindici tracce la versione di “World Citizen/re-cliycled” idea pubblicata lo scorso anno su cd singles da David Sylvian.

Non mancano di ascoltare glitch, piccoli frammenti di suoni e l’inconfondibile quanto mai etereo piano suonato in modo inconfondibile. Solitario, minimale, etereo dove a volte anche le voci sono oscurate per dare risalto ai diversi strumenti che realizzano questa impedibile capacità di raffinare il suono.

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