L’arte dello scrivere ha da sempre rappresentato un modo per raccontarsi, c’è chi lo fa attraverso un foglio digitale e chi con uno tradizione. Un modo per buttare fuori pensieri che angosciano l’esistenza.

Quanti di noi non hanno almeno per una volta provato ad avere il diario “segreto”, uno spazio tutto proprio dove rappresentare il proprio vissuto.

Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Michele Bitossi che del suo diario ha fatto un libro dal titolo: Piccoli Esorcismi Tra Amici (Habanero – 2012), bentrovato Michele. Un libro, diario dove racconti del tuo vissuto?

In realtà non avevo alcuna intenzione di scrivere un libro. Da sempre i testi delle mie canzoni nascono da prose più o meno corpose, da racconti, spunti che elaboro fino a quando non arrivo alla stesura definitiva delle liriche. Ma non ho mai sentito l’esigenza di dedicarmi alla letteratura in maniera “ufficiale”. Tutto è nato dalla richiesta di Delvecchio editore che intendeva coinvolgermi per una collana dedicata a musicisti italiani. In qualche modo sono stato quindi “tirato in mezzo” da loro in questo progetto. La cosa mi ha stimolato da subito e mi sono messo al lavoro. Poi dopo il volume di Peppe Voltarelli (il primo della collana) Delvecchio ha deciso di non proseguire con l’esperimento e mi sono trovato (insieme ad altri) senza editore col libro praticamente pronto. Habanero si è dimostrata interessata da subito a pubblicarlo ed eccoci qua. Non era mia intenzione scrivere un romanzo. Ho invece optato per una serie di mini racconti, pensieri a ruota libera, impressioni, spunti in prosa per testi di canzoni mai scritte. Una volta iniziato non mi sono posto limiti e mi sono lasciato trasportare dalla scrittura in un flusso di coscienza che mi è piaciuto tantissimo sperimentare.

Un modo per scrivere senza filtro e forse anche per dirsi la verità?

Senza dubbio sì. C’è da dire però, e ritengo sia importante sottolinearlo, che anche quando scelgo di utilizzare la prima persona singolare non sempre parlo di me ma racconto storie inventate o realmente accadute ad altre persone. Si tratta, per altro, di un espediente che utilizzo spesso anche nei testi delle mie canzoni. Il libro tuttavia è stato un’occasione assai significativa per andare a ruota libera con la scrittura in un momento piuttosto duro della mia vita. Si è trattato di una sorta di autoanalisi, almeno a tratti, una terapia interiore di cui probabilmente avevo bisogno. Dal parecchio materiale che mi sono trovato ad avere ho però volontariamente scelto sia cose più “scure”, introspettive, forti, drammatiche che frangenti dove spero si riesca anche a sorridere e a divertirsi. Mi piaceva infatti l’idea di accostare umori diversi, modo diametralmente opposti. Non ho mai cercato di seguire un filo logico e, anzi, mi affascinava l’idea di spiazzare passando da episodi molto personali e profondi a veri propri svaghi.

Quando ti sei appassionato a questo lavoro?

Più o meno da subito. Per quanto, come ripeto, non avessi la velleità di misurarmi con la scrittura di un libro non appena mi sono buttato nel progetto sono stato conquistato dall’entusiasmo e dalla curiosità di vedere cosa sarebbe potuto uscir fuori. Da sempre le nuove esperienze e le sfide inconsuete mi affascinano non poco. Credo anche che una buona dose di incoscienza sia necessaria per rimettersi sempre in discussione. D’altra parte l’ho fatto recentemente anche in musica pubblicando il mio primo disco come solista a nome Mezzala.

La stesura del lavora, cosa ti ha fatto scoprire della tua persona?

Beh, intanto mi ha fatto scoprire che se voglio posso riuscire a essere breve, diretto e piuttosto essenziale nella mia scrittura. Un feedback che sto riscontrando in questi giorni da gente che lo ha letto che fortunatamente ha apprezzato è che si tratta di un libro agile che si riesce a leggere tutto in una botta in breve tempo. Questo mi piace. In generale, scrivendo, più che scoprire nove cose di me ne ho riscoperto alcune, riprendendo in mano episodi del mio passato. Non sempre è stato facile farlo, ho dovuto fare i conti talvolta con buone dosi di sofferenza. Ma alla fine ritengo sia stato giusto e utile farlo.

Numerose le storie e soprattutto le emozioni raccontate quale ti ha segnato particolarmente?

Come ti dicevo ho voluto evitare ogni tipo di maschera e filtro, inserire la folle e provare a farmi trasportare dall’istinto. Sapevo di avere un po’ di cose da raccontare e che avrei voluto farlo senza “nascondermi” troppo. Ho iniziato a scrivere a circa un mese dall’improvvisa morte di mio padre ed ero totalmente sconvolto da questa perdita. Direi senza esitazioni quindi che i momenti in cui nel libro mi riferisco a lui sono quelli a cui mi sento più legato.

Un titolo significativo, c’è lo anticipi?

Come dicevo durante la stesura del libro ho dovuto fronteggiare un lutto dolorosissimo. Scrivere mi ha aiutato ad elaborare, a capire, a esorcizzare questa enorme perdita. Da qui il titolo Piccoli esorcismi tra amici, a mio avviso decisamente rappresentativo. Si tratta infatti di una raccolta di frammenti scritti piuttosto brevi che mi hanno aiutato a esorcizzare un dolore vissuto anche insieme a cari amici, risultati ancora una volta fondamentali.

Ci sarà un secondo capitolo?

Nel comunicato stampa, più o meno ironicamente, si far riferimento al “primo (e forse ultimo)” mio libro. Mi avessi fatto questa domanda due settimane fa sarei stato molto vago, adesso ti dico che sicuramente a breve mi rimetterò al lavoro perché il mio amico Enrico Brizzi mi ha proposto di scrivere un libro per la sua nuova casa editrice e non posso che sentirmi felice e lusingato per un’occasione del genere. Posso anticiparti che si parlerà di Genoa.

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