Autore e compositore attivo dai primi anni ’90 quando con alcuni amici inizia a proporre brani che trasudano sapore rock indipendente e riflessioni sulla condizione umana. Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Gianluca Di Bonito, bentrovato? Ciao, piacere di conoscerti, un saluto a te e ai lettori di DistrazioniSonore.

Raccontiamo di questa avventura che ha compiuto vent’anni. Come inizia la tua passione per la musica?

…20 anni? Madre e che ho combinato, niente? (risata). In realtà nei 20 anni è compreso anche il periodo delle prime strimpellate, comunque a farmi innamorare della musica è stato senz’altro il periodo dell’adolescenza. Hai presente quando alle scuole superiori ti basta imbracciare una chitarra per sentirti una rock star? Bene, più o meno l’inizio è stato quello.

Durante questo percorso nel tempo quali sono state le influenze sonore che hai attraversato e fatto tue?

Ho ascoltato e ascolto di tutto e ho la fortuna di non essermi ingabbiato in un solo genere quale poteva essere il metal, ad esempio, o il blues. La band che ha fatto nascere in me la voglia di scrivere sono stati i Litfiba, è stato amore a prima vista! Poi ho scoperto il rock degli anni ’70 e la capacità di quegli artisti di creare musica, nel senso più puro del termine… ma non mi istigare, altrimenti ti trattengo per ore a raccontarti di dischi ed artisti che mi hanno fatto diventare quello che sono (musicalmente parlando).

Gianluca Bonito 2 è il titolo del tuo secondo album, canzoni scritte per l’occasione o brani già editi?

Il disco è il secondo capitolo di una trilogia a cui sto lavorando. Non voglio limitarmi a realizzare semplicemente una “compilation”, l’obiettivo è quello di creare un legame concettuale tra le canzoni e gli album. Inoltre non escludo il fatto di trascinarmi in questa avventura il mio trascorso musicale se le canzoni sono in tema. Non a caso Fertile ed Un altro sole, che avevo scritto alcuni anni fa, qui appaiono completamente re-interpretate, anche perché negli originali non cantavo io, l’unica cosa invariata è il testo.

Come mi vuoi viene riproposto anche in questo secondo lavoro, perché questa scelta?

Si tratta di due canzoni differenti: Come voi sul primo disco e Come mi vuoi sul secondo, non hai ascoltato bene il disco (risata). In effetti i due lavori hanno tutta una serie di riferimenti interni per cui non mi meraviglio della tua domanda. In genere è difficile che i brani di un disco abbiano lo stesso filo conduttore, a parte l’elegante esperienza dei concept album, ma nel mio caso il secondo lavoro completa e mette ulteriormente a fuoco ciò che si è fatto nel primo disco. Ne è la naturale prosecuzione ed evoluzione, è come il secondo capitolo di uno stesso romanzo.

Le tue canzoni sembrano essere una riflessione negativa su alcune condizioni dell’umanità, una visione pessimista?

Non viviamo in un periodo facile ed è inevitabile che la base di partenza sia una descrizione negativa di ciò che ci circonda, ma quello che voglio trasmettere è un messaggio positivo perché è troppo facile fermarsi e piangersi addosso, bisogna invece reagire, mettersi in gioco e guardare avanti con fiducia. Nel primo lavoro esordivo con “abitudini”, passavo per “cambio stile” e terminavo con “possiamo ancora cambiare” e quindi racconto la storia di un’evoluzione positiva prima individuale, mia, e poi collettiva. Parlo di evoluzione positiva perché per me il cambiamento è vita, lo intendo come miglioramento. Anche nel secondo disco si comincia con una riflessione negativa ma c’è un’apertura positiva che comincia con Fertile e termina con “vivo” perché, solo se decidiamo di volerlo, abbiamo la forza di aprire le gabbie che ci siamo creati e diventare come un'”onda libera”.

La musica è un modo per esprimere il proprio disappunto sulla società?

Non necessariamente disappunto o meglio, non solo. Io mi fermerei alla prima parte della tua domanda: la musica è un modo per esprimere, punto. Esprimere qualcosa che hai dentro e vuoi comunicare agli altri. Esiste musica di rivolta, di impegno politico, di ribellione, ma quello è solo un aspetto. Se ci pensi bene, la musica che ascoltiamo, che ci accompagna nei momenti brutti e belli, diventa la colonna sonora del film della nostra vita e quindi capita che puoi passare in un attimo da Mad World nella struggente versione dei Gary Jules a qualche solare ritmo sudamericano, basta un cambio di inquadratura.

Hai in programma delle date live?

Non ho ancora calendario programmato perché non c’è ancora un’agenzia booking che cura quest’aspetto della mia attività musicale e quindi le occasioni di suonare dal vivo si presentano spesso all’improvviso. Sto lavorando per creare una struttura agile ed efficace che si occupi proprio dei live, sia miei che di altri artisti, ma serve un po’ di tempo prima che la struttura sia ben rodata. Le occasioni per suonare sono le più diverse, si va dalle feste di piazza ai piccoli club, suono in serate interamente mie, o per aprire un evento oppure ai vari contest che si organizzano. Il mio desiderio è quello di far conoscere la mia musica ed ampliare il seguito e l’interesse intorno al progetto e il modo migliore per farlo è proprio quello di suonare, suonare, suonare. In ogni caso da fine maggio si comincerà a girare un po’ per l’Italia e comincerò proprio da Pozzuoli, che è la mia città. Tutti gli appuntamenti saranno di volta in volta segnalati sul mio sito.

Ho notato che i tuoi testi sono molto brevi e spesso ripetuti, da cosa nasce questa scelta?

Ho deciso che dovevo puntare dritto all’obiettivo, all’essenza delle cose. Se il concetto che volevo esprimere o la storia che volevo raccontare nasce da una sola parola o una sola frase, è solo su quella che devo concentrare l’attenzione con immagini e sensazioni che traduco in musica perché poi sono gli ascoltatori che devono completare il processo attribuendo i significati e i valori che sono propri di ciascuno, diversi per ognuno di noi. È uno scambio reciproco.

Foto: Archivio Gianluca Di Bonito

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