Per raccontare della loro musica ascoltiamo il brano La regola degli opposti che sembra essere alla base della filosofia dei Terzobinario. Il loro album s’intitola: La prima volta. Incuriositi dalla cover del brano di Paolo Conte: Via Con me incontriamo al microfono di Patrizio Longo, Michele Negrini voce e chitarra della band, per raccontare di questo percorso sonoro.

Bentrovato Michele?

Bentrovato Patrizio!

Iniziamo a raccontare dove trova la scelta di una cover di Via con me?

Innanzitutto devo dirti che questa cover sta incuriosendo molto… erano state fatte già molte versioni di questo bellissimo pezzo di Conte, talmente diverse fra loro che, forse, sembrava un brano già “spremuto” abbastanza. E invece, probabilmente, è un brano con talmente tante sfumature che ogni versione, dove riesce, ne valorizza colori diversi, tutti presenti nella versione originale. La scelta è caduta su Conte perché è un autore che cammina su un filo fatto di chiaroscuri, di accenni, di musiche che si incastrano con le parole; che riesce in modo magistrale, a rendere, senza necessariamente esplicitarlo mai, l’importanza di mantenere uno sguardo pieno di stupore sulla realtà, uno sguardo che si avvicina sempre all’umanità dei suoi personaggi, senza giudicarli troppo… e su “Via con me” perché abbiamo voluto rischiare, tirando fuori una luce nuova, per rendere omaggio a tutti i colori che dalla sua tavolozza Conte ha voluto mettere in questo brano.

Perché TerzoBinario?

Ha un po’ a che fare con quanto ti dicevo prima. Si sa che i binari sono due. Il Terzo, sembrerebbe superfluo. Eppure, a nostro avviso è quello più interessante. Troppo spesso nel nostro tempo ci viene presentata la realtà come “o così, o così: scegli!”. Come se tutto fosse già definito e che ognuno di noi dovesse schierarsi pro o contro l’uno o l’altro. E se invece la strada buona fosse proprio quella da inventare?! Per noi stare sul “Terzobinario” vuol dire cercare di ricordarci sempre che in ogni situazione c’è una possibilità diversa. Che è necessario mantenere gli occhi dello stupore anche nella quotidianità. Che invece di fare la guerra per decidere se ha ragione il bianco o il nero è più interessante utilizzare il proprio tempo a conoscere tutte le sfumature del grigio e a scoprire che ci sono molti altri colori fra cui scegliere.

Cosa ritrae la copertina del cd?

eheheh… dovrei risponderti con una domanda: “secondo te?”. In realtà quello che vedi è un “La Prima Volta” (che poi è il titolo del CD). Il fatto è che “la prima rosa non seppe mai di essere rosa”. Quando il bambino Baggio Roberto fece il suo primo goal, nessuno sapeva che stava assistendo al “Primo goal di Roberto Baggio”. La prima volta è un momento in cui si fanno le cose senza pensarci troppo, con un entusiasmo che poi con l’esperienza si perde, senza riuscire a gestire le proprie forze, le proprie reazioni, le proprie emozioni: la prima volta succede e basta! La prima volta, quando lo è per davvero, è sempre una cosa che non conosce se stessa fino in fondo, è un momento in cui l’attesa, il sogno, finiscono ed entra la realtà. Allora la prima volta deve decidere se diventare la prima volta di qualcosa o se rimanere l’unica. La prima volta è qualcosa in embrione, una cosa appena nata, che ha una sua forma ma non ancora un nome. Il nome arriva dopo.

Tra rock ed elettronica ma anche molto cantautorato questa potrebbe risultare la formula sonora del cd?

Certo!… Non solo del CD ma è, di fatto, la nostra sfida artistica. Troppo spesso, soprattutto in Italia, si mettono limiti ad una cosa ,la musica, che limiti di per sé non ne ha. Abbiamo cercato di mettere insieme alcuni aspetti di diversi generi che a noi piacciono e che troppo spesso vengono relegati in ambiti specifici: la ricerca nei testi, sia nelle tematiche che nella forma, tipica della canzone d’autore, l’energia del rock e della musica elettronica e anche l’orecchiabilità delle melodie pop. Con riferimenti che esistono sicuramente più oltremanica che non in Italia.

Come nasce una canzone, quali le ispirazioni?

Ogni canzone ha una sua storia. Può nascere da un avvenimento vissuto in prima persona, da notizie di cronaca e dagli stati d’animo che provocano. Ognuna di queste canzoni è frutto del bisogno di comunicare qualcosa, ha una sua storia. Solitamente, fino ad oggi, le canzoni sono nate come “chitarra-voce”, poi passano attraverso il filtro della programmazione elettronica, che ne ricostruisce le sonorità, e poi vengono rivestite dall’arrangiamento di tutti gli strumenti in sala prove o in fase di registrazione.

Adesso raccontiamo di La Violenza. La misura di ciò che non sono?

É un pezzo al quale siamo molto affezionati. Ha visto diverse “vesti” nel tempo ma ha sempre mantenuto una sua forza. Purtroppo siamo circondati da violenze di vario genere, che hanno imparato a camuffarsi molto bene e sempre meno riusciamo a riconoscerle come tali (non è una violenza alla nostra creatività che subiamo, ad esempio, quella di sentirci ripetere continuamente che qualsiasi cosa “è così”, “non si può fare diversamente”? non è una violenza fatta alla nostra capacità di immaginare futuri nuovi?). E fra chi sottomette e che subisce, spesso la violenza nasce dalla paura che ognuno di noi ha di rientrare fra questi ultimi. Pur non di non far parte di chi subisce si è disposti a schiacciare gli altri, in un meccanismo senza fine, tanto che il gioco diventa “quanto più sono violento, quanto più sottometto gli altri, tanto io valgo”: la violenza diventa la misura di ciò che sono. Un gioco che i ragazzi imparano a fare fin dagli spogliatoi, sotto la doccia, dove”chi ce l’ha più lungo, vince” e che poi influenza fino agli slogan politici. Quando uno si libera della paura di “avercelo corto”, non sente più il bisogno di schiacciare gli altri, perché non deve più dimostrare niente a nessuno.

Un lavoro cantato sia in italiano che in inglese, una scelta voluta?

Noi prediligiamo l’italiano. Nel Cd c’è un brano in inglese legato ad Amnesty International. É nato in inglese proprio perché sostiene un’associazione internazionale e lo abbiamo inserito nel Cd come “special guest”, in quanto Amnesty International ne ha riconosciuto un importante valore divulgativo. Noi ne siamo onorati ed è il nostro modo di contribuire alle lotte di Amnesty.

Quali sono i vostri ascolti?

Abbiamo ascolti molto diversi fra noi del gruppo ma sicuramente, dal punto di vista musicale, i riferimenti sono stranieri. Si va da Sting, ai Red Hot Chili Peppers, dai NIN ai Depeche Mode, dagli U2 ai Franz Ferdinand, Muse, The Killers… Per quanto riguarda i testi, invece, ci sono autori italiani che sono sicuramente dei riferimenti importanti: da De Andrè, Guccini, De Gregori fino a Subsonica, Silvestri, Fabi Siete i vincitori della rassegna Voci per la Libertà 2009 con la canzone Rights Here! Rights Now! Un brano di matrice soul. Come vi avvicinate a questa manifestazione? Innanzitutto per noi è importante la condivisione delle lotte per i diritti umani che Amnesty fa in tutto il mondo (purtroppo sempre di più anche in Italia!). Il brano, come dicevo prima, si stacca in parte dalla nostra produzione, sia per la lingua inglese, sia per alcune atmosfere. Abbiamo voluto omaggiare Amnesty con un brano che mettesse insieme sia la fatica della lotta quotidiana che Amnesty fa e che ognuno di noi è chiamato a fare, sia la gioia, la passione, l’entusiasmo che lottare per i diritti umani dà a chi lo fa credendoci ogni giorno e in ogni luogo. Anche partecipare a questa manifestazione è stato un modo per dare il nostro contributo.

Foto: Ufficio Stampa

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