Erano gli anni ’80 quando un signore vestito di bianco, in uno studio avanguardistico, per i tempi, proponeva video musicali e parlava di videoarte. Anticipando, così, il fenomeno della televisione musicale.

I video trasmessi erano quelli di Lou Reed, Jimi Hendrix ma c’erano anche cantanti come il Gruppo Italiano e Ivan Cattaneo.carlo-massarini-08.jpg

Parliamo del programma Mr. Fantasy e del suo ideatore che annuncia ufficialmente la pubblicazione di un foto-libro nella pagina di un social-netowk, per non smentire la passione verso i new media.

Nel precedente incontro, in chiusura, l’Auotre raccontava di questo libro: Dear Mr Fantasy (2009 – Rizzoli) a cui stava lavorando.

Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Carlo Massarini. Bentrovato Carlo!

Bentrovato a te, ed un saluto a tutti i tuoi abbonati di Yahoo.

Dear Mr Fantasy potremmo definirlo un diario o un foto-racconto?

Tutti e due. Da una parte è un mio racconto personale, una mia biografia, attraverso una serie di incontri e di episodi che si sono succeduti in quegli anni. Diventa anche una cosa generazionale, perché io ho vissuto quello che vivevano molti ragazzi in quegli anni. Non è un’operazione di nostalgia: non mi guardo mai troppo indietro, anche musicalmente parlando. Da venti o trent’anni avevo quest’enorme quantità di materiale: ho scansionato qualcosa come quindicimila fotografie, ho riascoltato la musica di quegli anni, e ho cominciato a scrivere. E’ stata una scrittura molto lunga, c’è voluto quasi un anno a finire tutto. Sono molto pignolo, perfezionista: riascoltavo tutti i dischi della persona di cui scrivevo… è stato un po’ un bagno di memoria, un riportare alla luce molti ricordi per fissarli. Quello che ne viene fuori è un bel racconto dei tredici anni di una generazione che – letteralmente – scopriva il rock. All’epoca il rock non era trasmesso dai grandi mass media: c’era qualche rivista, ma non era ancora radicato nel tessuto giovanile com’è adesso. Quegli artisti per noi erano dei grandi punti di riferimento.

Parlavamo degli anni 70/80. A tuo avviso com’è cambiato il mondo degli artisti di quel periodo rispetto agli artisti di oggi?

Credo che sia tutto molto diverso: il mondo, la società, l’industria musicale, la musica che si fa… sono diverse le persone, perché non dovrebbero essere diversi anche gli artisti. Allora, da un punto di vista personale, c’era un’accessibilità che ora non esiste più: c’era, per tutti, la possibilità di incontrare gli artisti dopo il concerto, si creava più gruppo, anche tra gli artisti stessi.

Capitava, per esempio, che Dalla andasse al Terminillo, e allora ti chiamava e ti diceva: «Dai, andiamo insieme a vedere che c’è…», oppure qualcuno arrivava in città per un concerto e ti chiamava. Adesso c’è una sensazione molto diversa, molto mediato attraverso i manager.

I grandi artisti sono sicuramente diventati dei personaggi molto più privati. Dal punto di vista musicale – al di là della musica stessa, che ognuno può valutare – sicuramente allora c’era molta più voglia di scoprire il nuovo, rompere le barriere, divertirsi creando.

Oggi, se uno fa un disco diverso dal precedente alla casa discografica lo guardano strano, perché la loro preoccupazione è vendere, vendere, vendere, mentre un tempo rinnovarsi era quasi d’obbligo, altrimenti i fan e l’industria pensavano che eri “finito” e che non avevi più niente da fare.

Certo, anche allora si considerava che i dischi dovevano essere venduti, ma c’era più voglia interiore di scoprire. Adesso questa manca, siamo un po’ più appiattiti: i mass media tendono a tenerci buoni, e se ne esce anestetizzati da un divertimento leggero, un po’ stupito, molto reality e molto gossip. Allora c’era ancora l’effetto dei tardi anni ’60, che hanno visto una grande riscoperta di certi valori e della voglia stessa di scoprire.

Adesso si tende a mantenere quello che c’è e questo, naturalmente, incide su tutti noi e anche sugli artisti.

Un periodo dove la creatività artistica era più attiva rispetto al nostro tempo?

Sì, c’era molta più voglia di stupire, di differenziarsi dagli altri, creare qualcosa di nuovo, di inventarsi delle soluzioni che non c’erano state, di mischiare i contenuti in maniera diversa… naturalmente il territorio era molto più vergine, quindi era anche più facile farlo. Quando tutto è stato detto diventa più difficile dire qualcosa di nuovo. Però dietro a tutto c’era sicuramente una tensione diversa.

Dear Mr Fantasy, s’ispira al programma Mr Fantasy che rimandava al primo disco dei Traffic. Quali le idee che accomunano la tua creatività con quella della rock band all’epoca definita anarchica?

I Traffic sono stati il mio grande amore musicale, come prima di loro Steve Winwood e gli Spencer Davis. I Traffic erano il mio ideale di band… evidentemente ognuno di noi sceglie – o sente dentro – una serie di gruppi che poi lo identificano. Loro erano tre, sempre in procinto di sciogliersi o di combinare qualche guaio. Una formazione anomala, perché Winwood suonava tutto – ma soprattutto tastiere e chitarra – e poi c’erano Jim Capaldi alla batteria e Chris Wood ai sassofoni. Praticamente suonavano senza il basso, c’era Winwood che lo faceva con i pedali dell’organo.

Tutte queste cose lo rendevano un gruppo, già di suo, abbastanza strano. Facevano una musica divina, secondo me: mischiavano jazz, blues, rock, rhythm & blues… tutto quello che c’era sul pianeta lo infilavano dentro, e per me quel genere di fusione è sempre stato la fusione della vita. Gli altri gruppi che mi sono piaciuti in seguito, i più strampalati, dai Little Feet ai Talking Heads, avevano sempre questa voglia di mischiare elementi. Il primo album dei Traffic fu atteso e consegnato nei primi mesi del ’68, come se fosse il regalo di Natale che tu attendevi da anni ed anni, e mi ha segnato in positivo: il titolo di quel disco è diventato poi il titolo di questo libro e, prima ancora – come dicevi, anche il titolo del programma. Naturalmente è un bellissimo titolo, e sono molto riconoscente a Capaldi di aver scritto il testo, però il libro è dedicato a tutti coloro che hanno dentro di sé lo spirito del signor fantasia, che è uno spirito creativo. É la capacità di creare, in qualunque campo, in qualunque maniera, e sicuramente questo libro è pieno di artisti che questo spirito ce l’hanno dentro.

Fra le tante fotografie che avranno ricomposto un l’album della vita, a quale sei particolarmente legato?

Sono delle foto molto molto diverse una dall’altra, impossibile dire a quale sono più legato. C’è quella foto di Marley che canta, credo, I shot the sheriff, con un pugno sulla fronte… chi avrà il libro la vedrà… è una delle mie foto preferite. Ma cene sono tante, strane: foto molto personali, di me con Marley, Peter Gabriel, calciatori del Milan, da grandi sportivi a persone che hanno fatto il mio mestiere in televisione e a cui naturalmente sono affezionato.

C’è una foto stranissima di Joey Ramone dei Ramones durante la tournée italiana, che ha una maschera, una di quelle che faceva “Il Male”, una rivista satirica dei tempi.

Era la maschera di Moretti, il terrorista supposto capo delle brigate rosse che rapirono e assassinarono Moro: Il Male le pubblicava in copertina, tu ci mettevi un cartoncino e te le facevi come maschere di carnevale. C’è Joey Ramone con questa maschera, che è abbastanza surreale ma è anche, un po’, una chiusura degli anni ’70. Dei feroci, bui anni ’70, in cui si cominciava ad usare queste icone in maniera più leggera. Ce ne sono tantissime altre.

Le prime foto le ho fatte sotto il palco di Hyde Park, e sono quelle con cui si pare il libro: foto di Patty Smith, Jackson Brown.

Poi ci sono quelli che ho frequentato di più: i Genesis, Venditti c’è un mondo trasversale. Molte non me le ricordavo neanche, le ho riscoperte. Come alcune di Rino Gaetano in studio, molto carino, surreale, che giocava, che non ricordavo nemmeno di aver fatto. È quello che capita quando vai a scavare nella memoria: prima trovi le cose che ricordi bene, poi quelle che non ricordavi più. E così è stato.

Ti deve essere riconosciuto un carattere da innovatore: prima con Mr Fantasy il programma tv che per primo in assoluto parla di videoarte e video clip, ancor prima della nascita di Mtv ma anche il primo in Italia a parlare di internet con Mediamente. Se oggi dovessi tornare in televisione di cosa parleresti per mantenere questo aspetto da innovatore?

Bella domanda, anche se è difficile rispondere. Perché spesso le cose nascono quando cominci un po’ a farle, con un gruppo di persone. Si fa un po’ di “brainstorming” e vengono fuori delle cose a cui tu non avevi neanche pensato. Io ho due filoni: quello musicale e quello telematico. In questo momento si potrebbe pensare a qualcosa che coinvolga un po’ tutto.

Credo sia arrivato il momento di una sintesi di tutto quello che ho fatto. Avevo già pensato ad un programma musicale, che ho proposto in RAI ma che è caduto in un buco nero… in questo momento la RAI è un buco nero. Voleva sintetizzare due esperienze televisive e musicali che ho fatto: una era Mr Fantasy, naturalmente, e l’altra era Tam Tam Village. Una trasmissione del ’90 in una sola edizione, con la quale abbiamo portato in scena tutta la world-music, la musica del pianeta che io ascolto e compro. Volevo fondere queste due anime, la televisione fredda e ricercata della videoarte con la musica del vivo e i vissuti personali. Però è molto interessante anche lo sviluppo avuto dal web: quando abbiamo lasciato Mediamente che è stata chiusa brutalmente, secondo me, senza nessun buon motivo… abbiamo lasciato la rete in cui stava finalmente cominciando ad evolversi.

C’era appena stata la bolla di internet, e quindi la disillusione su ciò che potevano essere i nuovi fenomeni. Nasceva, senza che se ne parlasse, il mondo dei blog, dei social network e del web 2.0. Credo che riprendere da lì sia necessario.

Se Mediamente nascesse adesso sarebbe, più semplicemente, un programma che fotografa quello che succede e, a sua volta, potrebbe diventare un elemento più propulsore. Avevamo una meravigliosa bacheca di 500 interviste che è stata praticamente bruciata dalla RAI nel momento in cui il programma è stato chiuso, ma credo che adesso di potrebbe creare un ambiente di comunicazione più stimolante tra le persone che trainano questa convergenza, l’evoluzione dei mezzi tecnologici, le persone stesse, con noi che ci poniamo come divulgatori, come medium, nel mezzo.

Credo che si potrebbe creare un ambiente diverso. Probabilmente lanceremo sul web il ritorno di Mediamente 2.0 Io il 21 dicembre lancio il mio sito, che ho deciso di aprire dopo quindici anni, e credo che – forse – ci sia una piccola chance che Mediamente ritorni. Magari neanche sulla RAI, solo su internet, però è veramente un peccato che i semi di quella esperienza vadano dispersi.

Quindi, forse, presto ci rimetteremo tutti al lavoro.

Lorenzo Cherubini, ha scritto la postfazione di Dear Mr Fantasy. Ricordando che aveva l’impressione, vedendoti in tv, di avere di fronte un personaggio nato dalla creatività di Kubrik. Ha ancora questa impressione Lorenzo?

Lorenzo è veramente una persona straordinaria. Di tutti gli artisti nati “dopo questo libro” è forse quello che mi sta più caro. Sia dal vivo, perché fa degli spettacoli fantastici, sia nella comunicazione diretta, perché quando ti manda una email sembra davvero che ti mandi dei pezzi di canzone.

Lui reppa anche quando scrive! Ha una capacità straordinaria di usare le parole, e di usarle con ritmo. Non come Jackson Brown, Cohen o De Andrè che le distillano, e le arrotano. Lui le usa come fossero una batteria elettronica. Gli sono molto grato di aver scritto questa postfazione, perché mi ha dato questa sensazione di Mr. Fantasy vissuta da un ragazzo del popolo delle creature della notte, com’erano i nostri ascoltatori.

Anche Mediamente mi sembra andasse in onda a tarda notte. Giocavamo col nostro pubblico.

Mi ha dato questa visione assolutamente poetica e straordinaria di un fenomeno che io ho vissuto, ma in un’altra maniera. Vi sarò molto grato, se a qualcuno capita di vedere il libro e di leggersi l’introduzione, per vedere come si può giocare con le parole in maniera straordinaria.

Grazie a

Carlo Massarini per la disponibilità, in bocca al lupo per tutto, e alla prossima.

Grazie a te Patrizio! Saluto il popolo della rete attraverso Yahoo, che naturalmente è un popolo che mi è molto caro.

Auguro a tutti quanti un ottimo Natale 2009 ed un 2010 che spacchi. Ciao!

Ascolta intervista audio a Carlo Massarini.

Un comment a “Intervista a Carlo Massarini: “Dear Mr Fantasy” il foto-libro”

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