Nicola Conte intervista per il disco: "The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz-Dub"

Prepara un tour mondiale fra Italia, Spagna e Giappone per la presentazione del nuovo disco The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz-Dub (Schema Records) che partirà il 19 novembre dall’Auditorium Parco della Musica di Roma.

The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz-Dub è un disco che conferma la classe del produttore, dj, collezionista

Nicola Conte

. Il quale ripropone con stile unico re-work e brani inediti per questo lavoro che lo vede partecipare come musicista.

Si ascoltano sonorità dalla bossa jazz, al latin jazz a l’elettronica più raffinata. Inoltre numerose ed importanti le collaborazioni fra i più autorevoli nomi della scena nu-jazz.

Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo

Nicola Conte

per raccontare i possibili nuovi percorsi sonori della scena jazz internazionale. Benvenuto Nicola!

È da un po’ che non ci sentivamo!

Ritorniamo a raccontare musica. Sei pronto per presentare il tour mondiale del nuovo disco:

The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz-Dub

. Come ti prepari?

Non devo prepararmi sull’album: sono cose che ho fatto in questi ultimi anni e che ho raccolto in questo disco. È più una specie di manifesto della mia attività parallela, rispetto a quella della registrazione di Rituals. Poi, per quanto riguardo i concerti, sto studiando… abbiamo fatto delle prove. Perché per me, in realtà, i concerti sono un modo per sviluppare nuove idee, e quindi diventa una specie di laboratorio. Per questo, spesso, inseriamo dei brani nuovi, o cambiamo l’arrangiamento di brani che abbiamo già fatto per molto tempo. Negli ultimi mesi c’è stata la fase di elaborazione dei concerti che inizieranno tra qualche giorno.

Secondo quale criterio sono selezionati i brani di

The Modern Sound Of Nicola Conte

?

Ci sono delle linee guida comuni, e c’è un procedimento che è simile per tutti, però ci sono anche delle differenze che molto spesso sono sostanziali. Direi che lo spartiacque tra il momento in cui la parte elettronica può diventare la più importante, oppure può mettersi al servizio di quella acustica. In realtà, quest’ultima circostanza è quella che mi è più caratteristica, che è stata più frequente in quello che ho fatto e che è una delle caratteristiche distintive del mio modo di fare musica.

Ricordo il 1996 quando trasmettevamo insieme dal microfono di un network regionale e mi facevi ascoltare brani a te cari come quelli di Mark Murphy e Till Bronner. Adesso questi nomi insieme ad altri grandi della scena suonano nel tuo disco. Cosa hai provato quando hanno accettato?

In realtà, il più delle volte mi è stato chiesto e sono stato io ad accettare. Till Bronner, il trombettista tedesco che ha partecipato sia ad Others Directions che a Rituals ed a diversi concerti, aveva prodotto due album per Mark Murphy, per la Universal tedesca. Nell’ultimo c’è un brano che si chiama Stolen Moments.

Mi ha chiamato, e mi ha detto: «Vorrei che tu ne facessi una tua versione, nel tuo stile, con un beat accentuato.» La loro era una versione molto classica. Ho ascoltato il brano così come l’avevano registrato loro, e poi gli ho detto di cosa avevo bisogno. Naturalmente per me era importante la voce di Mark Murphy, quindi ho lavorato su di essa, per poi spiegargli telefonicamente quello che stavo facendo. E poi abbiamo registrato il brano nuovamente, per intero, con la band.

Su questo ho inserito dei sample da brani jazz degli anni ’60, e delle percussioni brasiliane. Di solito avviene quasi sempre così.

Potremmo definire

The Modern Sound Of Nicola Conte – Versions in Jazz-Dub

come il perfezionamento di Other Directions (2004) e Rituals (2008)?

No, è stata un’attività parallela a questi due lavori. Si tratta di remix – o, meglio, re-works – che sono stati registrati tra il 2004 e il 2008. Quindi, questo album è una raccolta che ho preparato mentre registravo Rituals, è in parte anche durante Others Directions.

Hai partecipato ai principali festival in Italia e all’estero. C’è differenza nel suonare in Europa, rispetto all’Oriente. Come si differenzia il pubblico?

No, cambiano gli scenari, ma i sentimenti delle persone sono gli stessi. Quando suoni, o metti dischi, vai a toccare corde che sono profonde, ad un livello in cui non ci sono molte diversità. La differenza sta nell’atmosfera: essere ad Istanbul non è come essere ad Helsinki.

Al microfono di Patrizio Longo con

Nicola Conte

. Al quale dobbiamo riconoscere la qualità di riuscire a suonare un Jazz dall’appeal elegante e affascinante. Un alchimia che nasce dalla tua conoscenza del jazz?

Sì, immagino di sì. Non vedo quali altre possibilità ci possano essere: io credo che quello che facciamo sia il prodotto di quello che siamo. Quello che ho imparato sino ad oggi, che ho ascoltato, che ho visto, che ho letto, e naturalmente quello che ho vissuto, è la parte principale di quello che faccio. C’è un momento in cui, una volta che sei in studio e che componi un brano, la musica si stacca da te, e non è più interamente tua: diventa di tutti. Per me è molto importante che in quel momento la musica porti con sé qualcosa di me, ma allo stesso tempo abbia anche un suo tipo di linguaggio, un messaggio che sia universale e che possa parlare a tutti.

Durante le registrazione di

The Modern Sound Of Nicola Conte

hai incontrato diversi artisti della scena internazionale e artisti italiani con i quali collabori spesso. C’è un aneddoto che ricordi con particolare affetto?

Ce ne sono centinaia: in realtà, ogni volta che andiamo fuori, che ci incontriamo, accade sempre qualcosa. Per esempio, una delle cose più simpatiche, è che all’inizio nessuno mangiava giapponese, nessuno mangiava sushi, ora quasi tutti sono diventati affezionati. Mi ricordo che le prime volte dovevo spiegare di cosa si trattava… e ricordo anche sguardi abbastanza diffidenti nei confronti delle pietanze. Questa è una delle cose più stupide e più simpatiche accadute.

Il suonare nei principali club internazionali ti ha permesso di visitare diverse città e diversi negozi di dischi?

Sì, e di riempirmi le mani di polvere. Appena ne ho la possibilità, una delle prime cose che chiedo è se ci sono dei negozi di dischi in vinile, e se sono fortunato ho anche il tempo di andarci. Ne ho visti tantissimi. Mi ricordo, per esempio, di uno a Los Angeles: un negozio con un signore simpatico, che all’inizio aveva un comportamento piuttosto burbero e che faceva i prezzi dei dischi ad impronta: prima studiava il cliente e poi, in base alle sue valutazioni, decideva quanto chiedere. Aveva questo negozio pieno di scaffali di vinili di ogni tipo, in particolare jazz e soul. Ad un certo punto mi ha fatto andare nel magazzino, dove c’era un altra infinità di dischi. Solo che sbagliò a fare un prezzo, me lo vendette a molto meno del suo valore.

Grazie a

Nicola Conte

! In bocca al lupo per tutto, e alla prossima!

Cia. Crepi, grazie!

Ascolta intervista audio a Nicola Conte.

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