In occasione della sua prima pubblicazione “Non ho mai scritto per Celentano” (2007 – NOReply) . Incontriamo l’Autore per ripercorrere la carriera artistica e scoprire i segreti per scrivere una canzone.

Quando ti sei avvicinato alla scrittura di testi?

“Il mio debutto ufficiale è stato nel ’71, quando Nicola di Bari ha inciso “Il ragazzo del Sud” la mia versione italiana di “Banana boat” lo storico brano interpretato da Harry Belafonte… ma, come dico nel libro, fin da ragazzino tentavo l’improbabile impresa di mettere parole sul suono delle campane del monastero antistante la mia casa di Rieti.”

Diversi Artisti della scena nazionale hanno riscosso successo grazie anche ai tuoi testi. Alcuni titoli: Laura non c’è di Nek, Padre davvero di Mia Martini, Anima mia dei Cugini di Campagna… Mi racconti un aneddoto accaduto nel corso della tua carriera?

“Sono molti gli episodi che hanno accompagnato il mio percorso nella musica e su “Non ho mai scritto per Celentano” li riporto puntualmente. Il libro si ferma al dicembre del 2005, ma ho voluto dargli continuità creando un mio sito: www.antonellodesanctis.com dove continuo a raccontarmi interagendo con un bel mucchio di amici insieme ai quali il mio camminare è più leggero. Ti rimando a quello spazio dove, sotto la voce “Quelli che ho sfiorato”, troverai un bel mucchio di aneddoti che non ti anticipo per non toglierti il gusto di scoprirli da solo.

Cosa ti chiede un Artista. Una canzone di successo o una bella canzone?

“Si cerca sempre di scrivere una canzone di successo nel nostro lavoro. La verità è che non sempre successo e validità del brano vanno di pari passo… del resto ho difficoltà a classificare una canzone come “bella” o “brutta”. Mi viene più facile dire “mi piace” o “non mi piace”.”

Quando si può dire che una canzone ti piace?

“E’ come il combaciare del pieno con il vuoto: ascolto una frase, un disegno melodico, una ritmica coinvolgente e se non ho la tentazione di cambiare canale, vuol dire che il brano ha bucato la mia sensibilità e diventa un’attesa soddisfatta solo nel momento che riesco a riascoltarlo fino ad acquisirne ogni sfumatura e farlo diventare una parte integrante di me.”

Da poco è stato pubblicato il tuo lavoro editoriale “Non ho mai scritto per Celentano” (2007 – Noreply). Una pubblica dichiarazione, un messaggio, invito…cosa?

“E’ il mio primo libro. Ho cercato di trasmettere a chi lo leggerà il mio amore per la musica, il lavoro che c’è dietro una canzone, i meccanismi che reggono la discografia, la genesi dei miei brani, la fatica che c’è dietro il mio mestiere, gli incontri con gli artisti con i quali ho collaborato… posso dire che ci ho messo tutta la passione che ho potuto in questa specie di spogliarello sfacciato che racconta quarant’anni della nostra musica.”

Cosa ti aspetti dal libro?

“Mi aspetto che lo leggano e lo condividano in tanti, perché è una testimonianza leale e un qualcosa di utile da sfogliare ogni tanto.”

Come nasce una canzone, c’è uno stato d’animo?

“C’è sempre uno preciso stato d’animo dietro, altrimenti viene fuori una brutta canzone. Un testo può nascere da uno sfogo, da un ricordo, da una sofferenza, da una forte attesa… quando scrivo ho l’impressione perenne di stare sdraiato sul lettino di un analista.”

Da poco si è concluso il festival di Sanremo, fra mille critiche. Il tuo giudizio sulle canzoni?

“Ho difficoltà a darti un’opinione, perché niente come il Festival di San Remo mi concilia il sonno. Se è in gara un mio brano chiedo a chi mi sta intorno: “Mi svegli quando passano la mia canzone?”.

Quest’anno, da quello che ho sentito e letto, mi sembra sia stato un Festival trasversale e intergenerazionale… con l’obiettivo, forse, di non scontentare nessuno. Hanno vinto due brani che sanno di impegno sociale e politico. Non mi dispiacciono e, se sono davvero sinceri, li apprezzo ancora di più.”

Per chi avresti voluto scrivere dei testi?

“Per Adriano Celentano, no? Ma questa è storia già detta!

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