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Incontriamo Carlo Bertotti di Delta V per ripercorrere alcuni tratti principali della propria carriera artistica.

Scherzosamente alla domanda sulla scelta che porta la Band ad abbandonare l’elettronica per tornare al concept principale. Risponde con l’affermazione "qual’è il nostro concept principale?".

Le origini dei Delta V, le influenze musicali ascoltando di John Barry. Carlo e Flavio amici dal tempo del Liceo.

Un’interessante riflessione di Carlo alla domanda: Perché la scelta di tributare grandi interpreti della musica italiana. L’immaginario collettivo risulta sempre molto legato alla versione originale?

“Questo accade con chi non è più giovanissimo. Spesso accade che i ragazzi credano siano canzoni scritte da Delta V. Come nel caso della canzone di un’estate fa…".

Un riferimento anche alla collaborazione del Cd tributo a Renato Garbo – "Congabro" (Venus – 2006) con il quale Carlo ha scritto e collabora da tempo.

A volte per ritrovare sè stessi si deve fare un passo indietro, è accaduto anche alla vostra band in un momento in cui forse eravate accusati di contaminare troppa elettronica all’interno delle vostre realizzazioni e quindi di discostarvi dal vostro concept principale. Come avete preso questa riflessione e cosa avete intuito in questo momento di pausa che avete preso?

Perdonami, alla domanda vorrei rispondere con una domanda: qual’è il nostro concept principale?

L’elettronica è sempre stata nel nostro DNA, poi ne abbiamo fatto un uso non smodato, ne abbiamo fatto un uso di accompagnamento però complementare a quella che è la nostra natura. Dimmi tu qual’è secondo te il nostro concept?

A mio avviso proprio la vostra primissima presentazione sulla scena nazionale aveva un sapore più armonico, meno elettronico. Poi col passare del tempo invece si è sentita di più l’intromissione della musica elettronica.

Forse negli ultimi due album magari c’è stato un indurimento strutturale nel senso che contrariamente a quella che è l’immagine del gruppo, che passa come un gruppo "pop", gli ultimi due album in realtà sono in netta controtendenza infatti comunque sono molto meno suonati nelle radio, abbiamo aumentato altri tipi di presenze. Credo che più che un uso più intenso dell’elettronica ci sia proprio un indurimento nei tratti somatici del gruppo e quindi di conseguenza l’elettronica viene usata in maniera un pochino più cruda, senza tante mediazioni e quella è quindi l’impressione che appare.

Quali sono "Le cose che cambiano"?

Quando abbiamo fatto quell’album stavamo vivendo dei momenti che sono all’ordine del giorno nella vita di ognuno di noi, c’era l’esigenza di parlarne, cosa che magari prima non era mai avvenuta gli album precedenti erano un pò storie e riflessioni di colori, di stati d’animo ma mai qualcosa di troppo personali, quando le cose cambiano si fa un’inversione di tendenza soprattutto nel lavoro sui testi e di conseguenza c’è stato un approfondimento di certe cose che ci stavano a cuore in quel momento.

Dove nascono le tue canzoni, in quale ambiente. Ogni Artista ha un ambiente domestico o non domestico che preferisce, il tuo qual’è?

Io oramai mi sono affezionato al nuovo studio dove lavoro da diverso tempo e nel quale ho composto gli ultimi tre album nostri, è lo studio di Milano dove lavoro più sovente la sera perché è un momento in cui posso stare tranquillo e non ho altre distrazioni. Fondamentalmente le idee ti vengono ovunque e allora ho il mio bel taccuino dove tiro giù l’idea del momento e poi dopo cerco di tradurla in musica o in parole quando poi mi trovo lì davanti al mio computer, alle mie chitarre e alle tastiere.

Il 2006 ha decretato il vostro decennio alla carriera 1996 – 2006. Un commento per descrivere questo periodo importante che ha dato vita alla vostra Band?

Io personalmente mi sento privilegiato nel senso che comunque son riuscito a fare di una vecchia passione una professione quindi di conseguenza non posso che essere felice. Sono stati dei momenti molto belli, abbiamo fatto tanti sacrifici, abbiamo passato tante cose che ci sono costate ma credo che ne sia valsa la pena. Fondamentalmente questa particolare situazione vista nel progetto così come lo conosce la gente magari ha una sua fine naturale in questi ultimi mesi perché riflettendo su quello che vuole essere il futuro mi piacerebbe fare delle cose differenti e non è escluso che già nel prossimo disco queste cose vengano fuori, ma credo che sia una cosa naturale super tranquilla.

Cosa mi dici di "Pioggia rosso acciaio", cosa volete rappresentare con un titolo così forte?

Quando si trattava di scegliere il titolo dell’ultimo album semplicemente ci si è accorti che erano parole che ricorrevano spesso quando l’album è stato scritto. Il colore ha sempre contraddistinto ogni nostro album e il rosso non era mai comparso, l’acciaio è il vigore e la forza di certi strumenti che prima in realtà non avevano mai accompagnato il nostro sound e la pioggia…. pioveva ogni giorno in quel periodo e quindi eravamo talmente intrisi di umidità che l’abbiamo trasferita anche nel titolo dell’album.

Siete soliti a proporre all’interno dei vostri lavori sempre delle cover di personaggi estremamente noti della musica nazionale divenute ormai internazionali?

Faccio riferimento ad un grande successo interpretato da Mina scritto da Ennio Morricone circa trent’anni prima cioè "Se telefonando" e a tanti altri tipo "Prendila così" di Battisti e ad altri tributi che avete voluto fare.

Quando una canzone è famosa l’immaginario collettivo è talmente rigido che è difficile andare a proporre una canzone che, anche in una versione più bella, rimarrà sempre nell’immaginario la versione originale, quindi perché la scelta di tributare canzoni così famose?

Non lo so, sono canzoni che mi piacevano e mi piaceva l’idea di remixarle in un contesto che fosse diverso dall’originale. Ho conosciuto ai nostri concerti ragazzi giovani che non avevano mai sentito le versioni originali ad esempio di "Se telefonando" e conoscevano solo la nostra quindi il paragone chiaramente nasce con chi ha già una certa età e conosce gli originali e può avvertire come una sorta di sacrilegio il fatto che venga in qualche modo profanata la versione originale, è capitato soprattutto col pezzo di Battisti, che però aveva una sua funzionalità all’interno di "Le cose cambiano", parlava di quelli che erano i tratti fondamentali dell’album e quindi aveva un senso logico. Ci sono pezzi tipo "Un’estate fà" che la stragrande maggioranza della gente non conosceva perché la canzone che aveva fatto Califano col pezzo di Michel Fugain (Ndr. Michel Fugain è un cantante e compositore francese.) era magari minore rispetto ad altre canzoni scritte da Califano. Ogni pezzo ha un pò una storia a sè, "Ritornerai" è un pezzo che da un sacco di tempo volevo rifare e con "Pioggia rosso acciaio" è stata l’occasione di provare.

Tu e Flavio siete stati amici durante il periodo del liceo. Quanto le realizzazioni di John Barry hanno influenzato il vostro cammino adolescenziale?

Le colonne sonore di "James Bond" sono sempre state nella nostra discoteca fra le più suonate e quello stile inconfondibile ha segnato anche tantissimi compositori dell’epoca ai quali poi ci siamo rifatti magari inconsapevolmente o magari no per certi arrangiamenti, quindi Barry insieme a un sacco di altri compositori anche italiani sono stati un pò una pietra miliare e comunque un punto di riferimento nel momento in cui abbiamo affrontato il tema degli arrangiamenti che arriva subito dopo la scrittura.

Il vostro tributo al CD "ConGarbo", a questo grande personaggio della musica italiana che ha inventato la new wave in stile italiano. Come mai la scelta di appartenere a questo tributo? Anche voi in un certo senso vi considerate una band alternativa nella scena della musica italiana, se di alternativo può esistere qualcosa ormai?

Infatti forse la parola "alternativo" oggi come oggi non ha più senso di esistere. Come al solito si tende a distinguere chi fa buona musica da chi ne fa di meno e cerco di ascoltare chi fa buona musica a prescindere dal fatto che sia più o meno main stream quindi "alternativo" magari aveva un senso dieci anni fà, oggi non più di tanto, ci sono degli ottimi autori, cantautori e cantanti che fanno delle cose molto molto belle e sono poco conosciuti dal grande pubblico e questo è nel DNA del nostro comun sentire, è la società, soprattutto quella italiana, che genera queste distrazioni e poco si può fare. Per quello che riguarda il discorso su Renato ti posso dire che l’ho sempre apprezzato fin da quando lui era all’apice del successo perché faceva delle cose diverse, le facevano tutti quelli che osavano e proponevano appunto contenuti e forme differenti. Siamo entrati in contatto alla fine degli anni ’90 e da lì periodicamente abbiamo una frequentazione che va avanti nel tempo, una stima reciproca e quindi quando mi è stato proposto di partecipare a questa cosa l’ho fatto con entusiasmo. Mi è capitato di scrivere delle canzoni per lui, di fare tante cose insieme e mi sembrava una bella cosa continuare anche con la registrazione di un suo brano in questo album.

Avete mai pensato di partecipare alla realizzazione di una colonna sonora di un film? Se sì, con quale regista vi piacerebbe collaborare?

Abbiamo collaborato a delle colonne sonore, è successo lo scorso anno l’ultimo con "Il punto rosso" che è un pezzo che è stato presentato a Venezia a settembre alla Mostra Internazionale del Cinema e nella tracklist c’erano presenti due nostri brani tratti appunto da "Pioggia rosso acciaio" che sono "Adesso e mai" e un altro. Dirti che mi piacerebbe è sacrosanto, mi è sempre piaciuto associare la musica che scrivo a delle immagini tant’è che nei videoclip credo che si percepisca un pò questa cosa. Poi dirti con chi mi piacerebbe, bho dovrei chiedere a qualche regista se gradisce la nostra musica e mi sembra che il percorso più utile sarebbe quello, io da parte mia ti posso semplicemente dire che sicuramente ci sono tanti giovani registi italiani dei quali apprezzo film e cose che hanno fatto quindi credo che non avrei problemi, anzi ci sarebbe l’imbarazzo della scelta.

Ascolta intervista a Carlo Bertotti dei Delta V.

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