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Una fotografia di questo lavoro che ti vede protagonista in una versione cantautorale con “In fondo al blu”?

Mi sono preso un anno sabbatico dalla mia band per riuscire a coronare quello che era un mio desiderio da tempo, quello di tirare fuori questa mia parte più d’autore mettendola non solo in una raccolta di canzoni ma anche dentro qualcosa di più allargato cioè uno spettacolo di teatro-canzone in cui queste canzoni di “Infondo al blu” si alternano ad altre cose che scrivo in dei momenti di prosa. E’ un progetto a tutto tondo che mi vede impegnato come scrittore di canzoni e di prose, poi anche cantante, produttore, attore sul palco, insomma mi sono fatto molti regali .Come mai la scelta di portare un live all’interno di un teatro e poi di mescolarlo anche con altre forme di comunicazione quali anche gli scritti che tu realizzi?

Mi sembra che il concerto a me non basta più, soprattutto in questa forma rarefatta, più sospesa, meno fisica. Mi piace molto riuscire a completare le cose che già dico nelle canzoni con ulteriori riflessioni, spunti, anche momenti di leggerezza perché nello spettacolo si ride, però ci sono tanti temi di urgenza umana e io mi sento chiamato a raccontarlo per come lo vivo e per come lo vedo. Il teatro è un luogo sempre più magico e anche trasgressivo, è una provocazione ma mi sembra che più passa il tempo più il tempo corre veloce e più tornare a sedersi nel buio e nel silenzio del teatro sarà già un gesto importante. Il rapporto che riesco ad avere lì dentro con le persone che vengono a sentirmi è davvero raro, anche rispetto ad un concerto.

Il tuo album ha dei testi molto impegnati come “L’uomo col futuro di dietro”. Quanto è spiccato in te lo spirito di osservazione di questa società che probabilmente a volte si dimentica di tante realtà che esistono con le quali ci confrontiamo?

E’ una cosa che io ho sempre fatto, credo che la musica possa essere un intervento, non solo politico, non un manifesto o uno slogan ma essere sentirsi parte di un percorso che secondo me in questo momento a livello sociale, culturale, filosofico e quindi poi anche politico è quanto mai urgente che venga raccontato. Mi sembra che ci sia una vera crisi dal punto di vista del pensiero e quindi ritornare a confrontarsi, a suscitare il pensiero, non necessariamente ritenendosi portatori di chissà quale verità ma anzi magari solo di dubbi, di malesseri che già solo per il fatto di venire condivisi sono già preziosi. Quando vado a teatro o ad una conferenza e c’è qualcuno che riesce a comunicare un’idea o un pensiero che sia in qualche modo in controtendenza rispetto ad una tendenza viceversa sempre più a ribasso, della comunicazione, della tensione morale, di uno slancio utopico, quando tutto questo viene meno la musica e l’emozione che può portare la musica prima ancora delle parole può fare molto.

Dal 20 maggio è in circolazione il nuovo video della canzone “L’uomo col futuro di dietro” tratto dall’album “In fondo al blu”. Quali collaborazioni hai avuto nella realizzazione di questo video e di tutto questo progetto che ti vede come solista?

Il videoclip è stato girato a Milano che mi sembra un’ambientazione azzeccata perché la canzone parla proprio di un uomo molto urbano e metropolitano che ha a che fare con tutte le contraddizioni che la vita frenetica di una metropoli al giorno d’oggi ti propone, cose più o meno violente e cose più o meno disumane anche se volute dagli umani. La realizzazione è stata affidata ai creativi di Fabbrica che è un laboratorio che c’è dalle parti di Treviso voluto dalla famiglia Benetton che si occupa di mettere insieme i migliori “cervelli” del mondo, ragazzi molto giovani che vengono da ogni parte del mondo che insieme elaborano nuovi progetti e linguaggi grafici, nuove forme di fotografia, di linguaggio pubblicitario, anche cinematografico appunto. In questo caso il regista è un brasiliano già vincitore di Mtv Awards in Brasile per il montaggio e mi sembra che proprio da questo punto di vista questo video sia particolarmente interessante con una sovrapposizione continua di più schermi, di visioni quasi altalenanti tra passato e futuro. Sono molto soddisfatto del video e anche della veste grafica che ha il disco, le foto mi vedono immerso completamente in una piscina avendo ricreato un finto salotto subacqueo e mi sembrava abbastanza significativo rispetto al titolo del disco.

E’ molto singolare nella copertina dell’album la tua presenza all’interno di un acquario in questo salotto che ha qualcosa di vintage. Perché la scelta di inserire il grammofono?

Perché essendo io un amante dei vecchi vinili e di tutto ciò che aveva un fascino magico rispetto all’ascolto e alla fruizione della musica mi sembrava che in un salotto le due cose che ci dovevano assolutamente essere erano una bella poltrona ed un grammofono.

“In fondo al blu”: 12 tracce audio ed una ghost track. Come mai la scelta di inserire questa traccia fantasma?

Perché quello è un momento abbastanza rock, incisivo ed aggressivo come suono e io volevo che ci fosse nel disco perché anche nello spettacolo quella canzone “Il caso di uno vicino a sè stesso” ha un ruolo abbastanza centrale quindi mi dispiaceva lasciarla fuori dal lavoro in studio ma allo stesso tempo sentivo che inserendola durante la scaletta degli altri pezzi avrebbe un pò creato una discontinuità per cui l’ho messa in fondo così chi la scopre magari ha anche una bella sorpresa perché il rock è un linguaggio che uso davvero molto poco.

Che rapporto hai con internet?

Abbastanza saltuario, io ci sono arrivato tardi però la cosa che più apprezzo sinceramente è la posta elettronica che specialmente qualche anno fà ho usato moltissimo proprio come carta da lettera, non affidandomi a brevi messaggi istantanei ma ritrovando il gusto di un rapporto epistolare vero e proprio con persone care o lontane nel mondo per cui l’ho apprezzato molto, non tanto appunto per la contemporaneità e la velocità ma per la comodità di avere molte lettere e molti interlocutori tutti nello stesso luogo. Per il resto è un grande contenitore di cui però mi servo molto poco, sono molto più legato ai libri per cui anche se voglio fare una ricerca preferisco ancora una grande bella biblioteca.

Tra tutti i demeriti che vengono spesso attribuiti ad internet a volte bisogna dare anche dei meriti e uno di questi è proprio il fatto che ha permesso di incrementare un’abitudine che in particolar modo in Italia stava per morire cioè quella di leggere e di scrivere?

Sì, io l’ho visto accadere con tante persone che mai avrebbero preso in mano “penna e calamaio” e che invece col loro piccolo monitor si sono messe a instaurare rapporti epistolari anche profondi, di riflessione, di racconti veri, di speranze, di vita vissuta e questo l’ho trovato molto bello perché quando ti fermi a scrivere le tue emozioni e a raccontarle se le scrivi è diverso che dirle al telefono, è già un passo in più, quello che scrivi rimane, verrà magari riletto chissà fra quanto dalla stessa persona a cui l’hai scritto, è prezioso.

Un sito internet, riferimento del tuo lavoro ma anche di tutto il tuo pensiero molto riflessivo?

www.giuliocasale.it è proprio il sito legato a “Infondo al blu” e stiamo ancora costruendolo e ampliandolo di giorno in giorno. Ci sarà adesso tutta la parte legata allo spettacolo teatrale, ci sarà una fotogallery e comunque per ora ci sono già molte pagine, canzoni, c’è la possibilità di essere informati sulle prossime date dei concerti e degli spettacoli. Poi ci sono i siti storici di riferimento www.estra.org e www.estra.org/giuliocasale che è invece legato al mio lavoro precedente che si chiamava “Sullo zero” che è un concerto reading in cui leggevo il mio libro di poesie alternato alle canzoni degli Estra.

Ascolta intervista audio  a Giulio Casale.

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