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Il cantautore siciliano festeggia 14 anni di carriera scandita da grandi successi attraverso una raccolta con tre inediti L’officina del fantastico, che da anche il titolo al lavoro e A ferro e fuoco e Gli amanti di domani. Un percorso che va dalle prime apparizioni con i Denovo, dove l’artista suona la chitarra e il sax, alle numerose collaborazioni non ultima quella con Carmen Consoli e Patrizia Laquidara per intraprendere la carriera da solista.

Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo Mario Venuti a raccontare questa percorso fatto di emozioni in musica. Ciao Mario!

Ciao, ciao!

Questo lavoro, L’officina del fantastico, è un’interessante raccolta che comprende anche degli inediti e, come dicevamo in apertura del nostro incontro, festeggia i tuoi 14 anni di carriera. Citando una tua intervista, ti definisci: «Un artigiano di canzoni, uno che manipola la fantasia per farne, appunto, canzoni.» Mi racconti come nasce un brano, quali sono i tuoi punti d’ispirazione, i tuoi momenti? Un brano, tra l’altro, dai tratti così delicati.

Credo di essere essenzialmente un musicista, quindi la materia musicale è quella che maneggio meglio. La tessitura armonica è già un buon punto di partenza, per me, perché mi suggerisce già i futuri sviluppi melodici e letterari che una canzone può avere. Questo è il processo creativo, a grandi linee, ma le cose possono anche accadere in maniera diversa: facciamo in modo che ci sia un margine d’imprevisto nel nostro lavoro.

La copertina del cd ritrae una grafica abbastanza psichedelica, con tratti ed effettistica che si riferiscono alla scena americana degli anni ’80. Gli stessi tratti, che si allontano dal tuo stile – o lo arricchiscono, li ritroviamo anche in questo singolo, L’officina del fantastico. È stato un singolo un poco “diverso”, musicalmente parlando, rispetti ai precedenti lavori?

Onestamente non lo so. Credo che un certo riferimento alla cultura psichedelica sia già nella mia cultura, per cui la copertina ha questa grafica che richiama un po’ Yellow Submarine, o i fumetti anni ’60, o la cultura pop in generale. La canzone L’officina del fantastico è psichedelica anche nel testo, con questi riferimenti ad un mondo onirico, che fanno parte del mio bagaglio “psichedelico”… anche se non faccio uso di droghe o allucinogeni. Non ce n’è bisogno, ormai: si può fare benissimo con la pura fantasia.

Spostiamo la nostra attenzione al Festival di Sanremo, che sta preparando la nuova edizione. Per una strana alchimia che si ripete, la canzone vincitrice non è mai quella che registra il record di vendite. Questo è accaduto nel 2006 con Un altro posto nel mondo, e nel 2008 ti presenti con A ferro e fuoco, il secondo singolo inedito da L’officina del fantastico. Il tuo ritorno sul palco ha rappresentato una sorta di rivincita morale?

Sì, in effetti l’eliminazione del 2006 bruciava ancora, anche se non più di tanto. Ho voluto portare comunque una canzone, Un altro posto nel mondo, bellissima ma forse un po’ troppo “ombrosa” per il palco dell’Ariston. Mentre A ferro e fuoco è una canzone solare, una dichiarazione d’amore incondizionato. Mi piaceva propormi con una maggiore semplicità, con un sorriso sulle labbra, e ho voluto dare un’immagine più solare di me e del mio lavoro. Comunque entrambe la canzoni sono andate molto bene, anzi forse Un altro posto nel mondo è stata anche un po’ più alta in classifica. Le reazioni del pubblico sono imprevedibili, ma sono entrambe canzoni che tutti conoscono, che hanno riscosso un loro consenso.

Al microfono di Patrizio Longo con Mario Venuti, per raccontare L’officina del fantastico, che tra l’altro ti vede anche in giro per l’Italia a raccontare – ma soprattutto a suonare – questo lavoro. Un tour abbastanza impegnativo, quello che stai vivendo?

È impegnativo perché, dopo la tournee che abbiamo fatto quest’estate, abbiamo voluto fare quest’appendice invernale. Molto breve, si consuma tutto nell’arco di una decina di giorni: si comincia il 30 novembre a Caserta, il giorno dopo a Roma, il 2 a Bari, il 3 a Milano – al teatro Ciak, il 4 a Conegliano Veneto e il 5 a Torino – al Teatro Colosseo. Si consuma tutta nell’arco di una settimana, più o meno, e chiudiamo baracca per quest’anno che è stato abbastanza intenso. Poi ci prepariamo a portare la nostra musica… parlo al plurale perché c’è il mio gruppo e tutto lo staff, non sono mai solo… ci prepariamo ad andare oltreoceano per una serie di concerti negli Stati Uniti, per il 2009, a New York, Boston e Chicago. Per cui ci prepariamo a quest’avventura americana, che sarà molto stimolante.

Per cui, parlando ancora del tour e degli Arancia Sonora, che ti accompagnano in questa meravigliosa avventura, il pubblico che ti segue lo consideri allo stesso modo della band. È un viaggio che avete intrapreso tu, la band e il pubblico, come un’unica famiglia?

Ci sono alcune facce che con la frequentazione sono diventate familiari, con alcuni è stato inevitabile stabilire un contatto anche più intimo: ci s’incontra, si parla, si chiacchiera, e poi ci sono i siti internet, che servono a dialogare. A volte uso il guestbook del mio sito www.mariovenuti.it come un posto in cui si può discutere di tutto. A volte ho degli sfoghi, e se devo arrabbiarmi con qualcuno o con qualcosa posso farlo anche lì. Quindi è anche un modo per far venire fuori l’artista anche in modo più umano, meno formale, che si addice di più ai tempi.

Guardando, per un attimo, al passato e parlando delle tue collaborazioni catanesi, prima con Patrizia Laquidara e poi con Carmen Consoli, quanto sei legato alle collaborazioni, ed in particolare a quelle della tua terra, della tua regione?

Patrizia Laquidara, pur essendo catanese di nascita, in realtà è veneta. Non scelgo le mie collaborazioni con questo criterio, prediligo l’aspetto artistico. Collaborare con Carmen è stato naturale perché, oltre ad essere della stessa città, avevamo la stessa etichetta discografica, lo stesso produttore e frequentavamo gli stessi studi di registrazione. Però… qualche sera fa ero ospite al concerto dei La Cruz, che stanno facendo il loro tour di addio, e loro sono un gruppo milanesissimo. Non scelgo le mie collaborazioni solo tra i conterranei.

Certo. Tra l’altro con i La Cruz hai condiviso l’album-tributo a Franco Battiato, Battiato non Battiato.

Non solo, io ho anche cantato in un disco dei La Cruz. Su Infinite Possibilità ho cantato La prima notte di quiete, un pezzo bellissimo, che a me piace moltissimo.

Una curiosità: parlando di grande schermo, ho saputo che, se devi guardare un film, preferisci l’ironia dissacrante di Pedro Almodóvar. Come nasce questo feeling?

Credo che la realtà sia molto almódvariana, come in passato forse è stata molto felliniana. Oggi, e già dagli anni ’80, la realtà è molto almódvariana. Spesso con questo mix di sentimentalismo melodrammatico, stile telenovela, unito però ad un cinismo un po’ barbaro, riguardo la vita. Mi sembra che sia una sintesi riuscita, che interpreta i nostri tempi. E poi quest’ironia… mi sembra che sia uno dei migliori interpreti della nostra realtà. Ed ha anche un’incredibile capacità di indagare il mondo femminile: le donne si meravigliano di come lui riesca a guardar loro dentro.

In apertura del nostro incontro, raccontavamo dei singoli presenti in questo lavoro: L’officina del fantastico, A ferro e fuoco e Gli amanti di domani. Ma quali sono gli amanti di domani?

Sono quelli che si può far finta di non vedere: le coppie al di là delle catalogazioni sociali e religiose. Le coppie di fatto, o le persone che hanno deciso di condividere uno spazio affettivo e non rientrano nei ranghi precostituiti dalla società, o della pubblica morale, o della chiesa. Si spera che un giorno si possa essere liberi di amarsi al di là di questi condizionamenti.

Mario, io ti ringrazio per la disponibilità. Un mega in bocca al lupo per tutto!

Grazie, crepi il lupo! Sto povero lupo…

Alla prossima, ciao Mario!

Ciao, alla prossima!

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