Un suono che spazia dalla più classica elettronica anni ’80 al cantautorato intellettuale si chiamano Vidra ed esprimono sonorità che richiamano ritmi dal punk al new wave.

I loro brani sono stati selezionati per la rassegna Sanremo Rock ed in un’antologia per un concerto di beneficenza per il poeta romano Evio Botta. Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo i Vidra per ascoltare insieme la loro musica.

Come nasce l’avventura Vidra?

Frencio: I “Vidra” nascono nel 2006 dalle ceneri del progetto “Icon of Waste”, band di quattro elementi con sound di matrice anglosassone. Dopo le prime registrazioni, io e Giga ci siamo sentiti lontani da quella esperienza e abbiamo deciso di sterzare. Non volevamo restare confinati nel calderone delle band indie che rivisitano con manierismo i fenomeni stranieri. Così abbiamo iniziato a cercare una nuova identità: l’idea vincente è stata quella di unire la poesia rigorosamente in italiano alla ricerca melodica, senza abbandonare sintetizzatori, loop e campioni. Il risultato è un’alchimia che unisce la tradizione del Lied ai Kraftwerk. In Italia sono stati fatti pochissimi esperimenti in questo senso: Battisti e Panella hanno aperto la strada con i loro indimenticabili “dischi bianchi” ma non hanno avuto una grande risonanza. Noi cerchiamo di raccoglierne l’eredità.

Perché “Vidra”? Giga: Il nome “Vidra” è stata una mia invenzione: cercavamo un’immagine che indicasse la nostra anima tagliente, così ho pensato di tradurre l’espressione “anima di vetro” in portoghese maccheronico. Ricordando il verso di Aguas de Marco in cui Jobim canta “um caco de vidro” (un pezzo di vetro), ho tirato fuori “almavidra”. Nei primi tempi abbiamo usato questo nome, poi abbiamo eliminato la prima parte per evitare inutili rimandi agli Almamegretta.

Seguite un metodo particolare nella scrittura di un brano?

Frencio: Giga mi propone delle poesie e io cerco di musicarle rispettandone la struttura. Alcuni brani vengono fuori nel giro di poche ore, altri sono figli di un lungo lavoro di collage: spesso unisco temi melodici inventati in tempi diversi. È il caso di John Ford, che ha avuto una gestazione di circa tre anni.

Conti su Conti: qual è stata la fonte d’ispirazione di questo brano?

Giga: È una riflessione amara sull’impossibilità di dominare la vita. L’inciso recita “Si narra che Pitagora fu ucciso da una tartaruga caduta dal cielo”: come abbiamo spiegato nel booklet del disco, è un riferimento al fatto che Zenone (con i suoi famosi paradossi, tra cui quello della tartaruga) smantellò alcuni elementi fondativi della matematica di Pitagora. L’uomo passa anni ed anni ad elaborare sistemi e congetture, ma c’è sempre la possibilità che venga sbaragliato da un momento all’altro.

Nella vostra musica si ascolta una consistente dose di elettronica e di punk wave. Quanto siete attratti da quel periodo?

Frencio: Tantissimo! I nostri più grandi riferimenti vengono dalla stagione 1977/1985 (ancora oggi una vera miniera d’oro!!!). A proposito di punk wave, non dimenticherò mai la prima volta che ho visto il video di Rise dei Public Image Limited. Fu una vera scossa. Quella chitarra mi ha cambiato l’esistenza. Stesso discorso vale per il giro di basso di Elevation da Marque Moon dei Television. Mi piace moltissimo anche la wave italiana: Alberto Camerini, Decibel, Garbo, Faust’o , Mario Castelnuovo e – più di ogni altro – Amedeo Minghi. Quest’ultimo, oltre ad essere tra i più grandi melodisti nostrani, è stato anche il primo in Italia a capire i prodigi dell’elettronica. Quando ha prodotto “Sette fili di canapa” di Castelnuovo, ha fatto un uso massivo di drum machine, synth e vocoder, anticipando persino Franco Battiato! Restando alla fase wave di Amedeo, segnalo il disco Cuore di Pace (1984, con la famosa copertina della motocicletta alata, disegnata da Andrea Pazienza): il brano conclusivo: Trimotore Idrovolante, ha una melodia articolatissima, sembra di ascoltare i Bluvertigo!!!

Quali sono gli artisti italiani della scena contemporanea che vi interessano di più?

Frencio: Senza dubbio Max Gazzè, Pacifico e Samuele Bersani. Il primo è un grande compositore, gli altri due sono dei maestri della Parola. In ambito indie, apprezzo molto le produzioni di Luca Urbani (ex Soerba) e di Lele Battista. Giga: Io ho adorato Carmen Consoli fino a qualche anno fa. Gli ultimi dischi li trovo ripetitivi. Conservo , invece, una passione costante per Niccolò Fabi.

Come avete valutato l’esperienza a Sanremo Rock?

L’esperienza a Sanremo Rock è stata molto formativa. Ci ha permesso di confrontarci con le migliori band nazionali e di suonare con un’assistenza tecnica per noi sconosciuta fino ad allora. Inoltre, è stata un’occasione per capire il potenziale di “Chiedi alla polvere” , brano scritto poco prima della manifestazione, che si è rivelato sorprendentemente funzionale dal vivo! La compilation di quell’edizione è stata, poi, distribuita con iTunes e con il Corriere di Sicilia: un’ottima pubblicità.

Un’anticipazione del video?

Frencio: Il video di John Ford è stato girato a Genova da Francesco Rotunno (già regista per Meganoidi, Marti, ecc.) con la co-direzione artistica di Alessandra Vinotto. Adesso è in fase di montaggio. Posso solo anticiparti che fa fede al delirio del testo. Sarà un vortice di immagini e colori. Un vero “fumettone”.

Quando ascolteremo il nuovo disco? Giga: Ci stiamo lavorando. Abbiamo tantissime idee da sistemare. I nuovi brani confermano alcune caratteristiche dei precedenti, ma hanno strutture e arrangiamenti più maturi. Vi sorprenderemo!

Foto: Vidra

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