Da poco ha pubblicato ā€œLa Quarte Dimensioneā€ (2008 – AG Prod.), un album contenente sonorizzazioni del musicista e compositore Luca Olivieri.

Sono dodici i brani strumentali.

In un viaggio che va dalle sonorizzazioni realizzate per spettacoli teatrali a quelle per film muti d’epoca su cui l’autore ha fatto indossare una nuova veste sonora passando per altri nati come brevi frammenti e rielaborati in tempi diversi.

Incontriamo Luca Olivieri per viaggiare lungo la sua ā€œQuarta Dimensioneā€

Cosa rappresenta “La Quarta Dimensione” per Luca Olivieri?

Rappresenta il tempo che passa, ma anche sentire la necessità di fare un bilancio del proprio vissuto, decidere di riordinare un pò di idee e farle diventare musica. In questo periodo specifico è anche raccogliere una parte di quanto seminato nei circa due anni di lavoro impiegati per la realizzazione del mio nuovo disco, intitolato appunto La Quarta Dimensione, termine che identifica il fattore tempo.

Che rapporto hai con il tempo?

Direi buono, cerco di viverlo nel migliore dei modi anche se vorrei che le giornate fossero di almeno 48 ore! Ho capito che maturando si impara ad avere meno fretta e si vede tutto in modo più rilassato, cosa che da giovane ĆØ inimmaginabile… Invecchiando si diventa più saggi.

Spesso il suono dell’elettronica ĆØ classificato come freddo, asettico, mentre nel tuo lavoro ribalti questa teoria proponendo sonoritĆ  calde. Come avviene questa trasformazione?

Ho sempre cercato di avvicinarmi all’elettronica in modo umano e non analitico. Penso che un campionatore o un synth siano strumenti musicali tanto quanto un’arpa o un pianoforte, l’importante ĆØ non lasciarsi condizionare dalle molteplici possibilitĆ  che oggi l’elettronica ci offre. Credo che un giusto approccio sia quello di essere dei bravi esecutori, che pur non pigiando dei tasti o pizzicando delle corde si emozionano a creare un loop o modificare un suono agendo su delle manopole.

Nelle tue composizioni viene utilizzato, fra i numerosi strumenti, anche un mitico synth Korg MS20. Quando ne hai conosciuto il suono?

Tutto ĆØ nato alcuni anni fa frequentando un corso di musica elettronica; studiando sintesi sonora e storia degli strumenti elettronici sono incappato, tra gli altri, in questo strumento analogico dei primi anni ottanta. La cosa buffa ĆØ stata che facendo un pò di ricerche ho scoperto che moltissimi artisti e gruppi lo utilizzavano cosƬ ĆØ stato ancora più stimolante andare a riascoltare dischi e brani dove veniva usato… Sono poi riuscito a trovarne uno in ottimo stato e ho deciso di acquistarlo: ora ĆØ uno dei “sovrani” del mio studio.

Un disco che mette l’ascoltatore in discussione con le proprie emozioni?

Spero di sƬ. Se ciò accadesse vorrebbe dire che la mia musica in qualche modo ĆØ “arrivata” a chi la ascolta. Personalmente posso dire che il periodo di lavorazione ĆØ stato una sorta di autoanalisi in cui ho ripercorso momenti del mio passato sia da un punto di vista personale che musicale: il disco ĆØ composto da brani realizzati per il teatro e per delle sonorizzazioni, con l’aggiunta di alcune bozze che dopo anni finalmente ho potuto terminare.

Alla realizzazione del cd ha partecipato Mario Arcari (musicista già al fianco di Fabrizio De André, Mauro Pagani e molti altri). Come è nata questa collaborazione?

Ho avuto occasione di conoscerlo circa tre anni fa, suonando insieme in un progetto teatrale. Durante la lavorazione del mio disco ho capito che mi sarebbe piaciuto avere dei fiati e delle sonoritĆ  riconducibili al mondo “etnico” e cosƬ ho subito pensato a lui. Ironia della sorte nel periodo in cui lo avrei contattato per proporgli questa collaborazione ci siamo casualmente “incrociati” in un aeroporto, cosƬ ĆØ stato ancora più semplice parlargli del mio lavoro. Devo dire che ha partecipato con entusiasmo e passione, davvero una bella persona oltre che un grande musicista.

Il disco si chiude con la traccia “Ricordo”. Esiste un riferimento particolare?

Questo brano posto in chiusura del disco ĆØ una sorta di sigillo a tutto il lavoro; dopo aver raccontato delle storie in musica ho pensato che poteva essere importante ricordare, proprio come nella vita reale, dove passano gli eventi ma il ricordo rimane in noi, ci accompagna e forse ci aiuta a vivere.

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