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Ha sempre navigato nei territori musicali fra radio e televisione, abile talent scout a lui il merito di aver lanciato personaggi come: Gerry Scotti, Jovanotti, Fiorello, Leonardo Pieraccioni, Marco Baldini, gli 883, Max Pezzali, Sandy Marton, Sabrina Salerno, Tracy Spencer, Fabio Volo, Dj Francesco, i Finley ed altri.

Il successo discografico lo abbraccia nel 1981 “Gioca jouer” un singolo senza precedenti.

Attualmente collabora con il Politecnico di Milano ad un progetto multimediale, il primo registratore in Internet.

Al microfono di Patrizio LONGO incontriamo Claudio Cecchetto per scoprire la provenienza di questa indiscussa capacità ad avere successo.

Ciao Patrizio! Grazie della presentazione! “Indiscussa” mica tanto (ride)… vabbè, dai!

Partiamo subito dagli avvenimenti più recenti: ci parli del progetto “Memoring”. Questo innovativo sistema di comunicazione, questo fare il dj attraverso la rete?

“Memoring” è fondamentalmente un registratore di internet. In rete ci sono dei contenuti un po’ labili, soggetti a sparire nonostante possano interessare in futuro. Magari anche solo per raccontare ai nostri figli come è partito internet. Allora, dato che esistevano già il registratore audio e quello video, ho pensato di fare anche un registratore di internet. Però, al di là della funzione di registratore, è anche un browser come possono esserlo Microsoft Explorer, Mozilla Firefox o Google Chrome. Tra l’altro utilizza il motore di Firefox, ma permette una navigazione un po’ più facile: mi sono accorto, da utente, che chi si approccia alla rete per la prima volta ed apre il browser… ok, chi già usa internet sa che deve inserire un indirizzo, però non sa dove andare. Questo invece è un browser… io lo chiamo “skin”, ovvero “pelle”… è un browser programmabile: basta che in casa ci sia un semi-esperto di internet, che possa programmare il browser per il papà, la mamma, la nonna, la zia, la fidanzata. Ha tutta una serie di funzioni, che ora non sto qui ad elencare perché sembrerei un libretto di istruzioni.

“Memoring”, una sorta di registratore virtuale. L’apporto di Claudio Cecchetto ad inventare le trasmissioni internet per dj?

Ecco, questa è una delle novità. La “mission” principale è quella relativa alla registrazione, però ha una caratteristica che altri browser non hanno: la possibilità di poter trasmettere la propria navigazione e metterla a disposizione di tutti. Che poi è quello che succede ad un dj: programma una serie di dischi ed ha gente che ascolta la sua selezione. Con questa skin l’utente può navigare in internet, e la sua navigazione può essere vista da altri che si collegano al suo taxi.
Perché in effetti si tratta di una sorta di taxi: lui è il conducente e gli altri possono essere – sempre con questa skin – dei passeggeri. Potrebbe essere interessante, da parte di un esperto, la visita a dei siti che riguardano un determinato argomento, mentre altri si collegano a lui e seguono in diretta la sua navigazione, senza bisogno di far nulla. Oppure un personaggio famoso, come ad esempio Jovanotti, naviga per i siti che ritiene più interessanti, mentre altri possono guardare questa navigazione e venire a conoscenza dei siti visitati, promossi o consigliati da Lorenzo.

In Italia si parla, da anni, di crisi della musica: a tuo avviso la rete è anche il futuro della comunicazione, anche di quella musicale?

A parlare di crisi della musica sono i discografici. Invece in questo periodo si sta sentendo moltissima musica: grazie ai mezzi, alle radio, ad internet. La crisi riguarda soltanto la vendita, e come vendere la musica è un problema dei discografici. Ma di musica negli ultimi anni se n’è fatta tanta, e anche bella, e quella si continua a sentire. Quindi non si tratta di una crisi della musica, ma di una crisi dell’industria discografica, che probabilmente si deve un po’ modernizzare. In un mondo in cui ci sono chiavette usb con una capacità di due gb, in cui puoi mettere mille brani, non si può pensare di vendere un supporto su cui ce ne sono dodici. Sta morendo un vecchio modo di distribuire la musica, e bisogna cavalcare il nuovo modo – dato soprattutto da internet – e cambiare completamente le regole vecchie. Ma non c’è crisi della musica, non è che la musica manchi: c’è molta offerta, possiamo vederlo andando su MySpace e sulle community musicali. Qui a questo punto suonano tutti, ma se suonano tutti, e tutti vogliono vendere la propria musica, e nessuno compera… mi sembra un po’ come negli anni ’60, quando io ero giovane. Allora avevamo tutti una band, un gruppo, volevamo tutti andare a suonare, e quindi non c’erano i clienti che ballavano. Non abbiamo più utenti della musica, perché tutti vogliono farla, e a questo punto nessuno la compra.

In apertura del nostro appuntamento raccontavamo che hai sempre navigato attraverso diversi media: radio, televisione, giornali… Adesso anche internet. A tuo avviso, internet è qualcosa di nuovo o si tratta dell’evoluzione dei mezzi precedenti?

Non è un’evoluzione, è una nuova piattaforma che può prevedere tutte queste cose. Secondo me internet è cultura. Tra cento anni nei libri di storia ci sarà scritto: “e poi è arrivato internet”. Non c’entra assolutamente niente con gli altri mezzi. È una piattaforma che comunque può rappresentarli tutti. Non dico sostituirli, perché poi non ci si priva del piacere di leggere il giornale, cartaceo. Ma la notizia sarà più facilmente fruibile su internet. Quindi è proprio una nuova piattaforma, un nuovo mondo. Ormai i giornali, la radio e la televisione sono media bloccati, le regole son già state fatte, è difficile reinventarsi qualcosa. Internet invece dà questo tipo di possibilità perché è uno strumento assolutamente nuovo, ancora da scoprire, e quindi la ricerca si può fare lì, e questa è la rivoluzione.

Guardando al passato, nel 1981 arriva “Gioca jouer”: un disco senza precedenti. Era previsto, era qualcosa di studiato a tavolino, o sei stato travolto dal successo di questo disco che tuttora viene ballato nelle serate di “divertentismo”?

Il successo non è mai previsto. Si cerca di fare qualcosa di divertente, ci crede, ma il risultato dipende da un sacco di cose. Io per esempio devo ringraziare il fatto che Gianni Ravera, l’organizzatore del Festival di Sanremo, l’abbia sentito e, siccome presentavo io, ha avuto l’idea di farne la sigla. Quindi è un brano che è stato visto da venti milioni di persone per tre sere consecutive. Il successo è dovuto all’esposizione.
Quando l’ho fatto, una cosa che ho pensato era di fare un gioco su disco, non un disco: non mettermi in competizione con Beatles, Rolling Stone e Police, ma di fare un gioco su un supporto a me caro – visto che facevo il disk jockey. Quindi ho creato questo gioco, che forse è stato uno dei primi balli di gruppo, e che mi è venuto in mente pensando a quello che sta succedendo nei villaggi turistici.
Alla fine della giornata c’era sempre qualcosa per salutare la giornata, che si faceva tutti quanti insieme, quindi mi sono detto: «Facciamo qualcosa con un animatore» – che ero io – «che dice cosa fare tutti quanti insieme». Veniva anche dalla mia esperienza di disk-jockey, perché quando lavoravo in discoteca io non ero un dj muto, ma un dj parlante: mi piaceva, durante le serate, dire qualcosa, e vedevo che la gente, quando si proponeva di fare qualcosa tutti quanti insieme, si gasava. E tuttora si gasa, perché fare lo stesso movimento tutti quanti insieme è veramente spettacolare. Io ero convinto di aver fatto un bel gioco, poi il successo è arrivato grazie a tutte le altre componenti.

Che cosa ascolta Claudio Cecchetto in questo periodo, e quali erano i suoi ascolti prima di avvicinarsi al mondo delle radio. Fai una rapida classifica?

Lavorando in questo campo, e facendo la radio, chiaramente ascolto anch’io quello che ascoltano gli ascoltatori. Però la mia formazione – che risale a quando avevo 14, 16 anni – si svolge con Pink Floyd, Osibisa, Genesis, Traffic… fino all’età di 18-19 anni, quando l’ascolto era più impegnativo e bisognava ascoltare l’intero album per essere soddisfatti. Allora ho pensato che 20-30 minuti per emozionarmi erano un po’ troppi. Quindi mi sono avvicinato a “pillole d’emozione” di tre minuti: Wilson Pickett, Aretha Franklin, e da lì sono diventato dj. Sono partito dal rock, per arrivare al soul, all’R&B, per diventare, alla fine, anche un dj da discoteca.

In una linea temporale che ti ha visto conduttore del noto programma televisivo della Rai “Discoring“, guardando le trasmissioni musicali Rai di oggi, credi si possa individuare una continuità?

Le cose passate sembrano sempre migliori perché erano una novità. Purtroppo, vedo che a volte si vogliono replicare delle cose del passato, e anche se le fai altrettanto bene non hanno lo stesso effetto. Quelle erano da pionieri, erano uniche, ma adesso sono un po’ una ripetizione. Le trasmissioni musicali adesso sono esclusivamente di intrattenimento, di riempimento di palinsesto. Sono abbastanza facili da fare, perché traggono sempre spunto da modelli del passato. Bisognerebbe… non inventarsi qualcosa di nuovo, perché alla fine mangiamo tutti alla stessa maniera, e camminiamo tutti alla stessa maniera. Però in questa solita minestra sarebbe il caso di aggiungere degli ingredienti nuovi. Non è colpa dei giovani, perché secondo me loro hanno la capacità di cambiare il mondo. Probabilmente la responsabilità va data ai dirigenti, che per non rischiare ripropongono – appunto – sempre la stessa minestra: male che vada è sempre quella di ieri.

Tu sei anche un abile talent scout. In chiusura del nostro incontro, ci spieghi qual è il segreto per scoprire un talento. Come avviene, qual è il “passo dopo passo” che ti fa capire che qualcuno potrebbe diventare un talento, che ha qualcosa da comunicare?

Per scoprire i talenti bisogna avere un po’ di talento nello scoprire i talenti. E il talento, naturalmente, quello bisognerebbe chiederlo a Dio, perché non tutti ce l’hanno. È chiaro che non basta solo quello, a quell’affinità bisogna affiancare la conoscenza: riconosci il talento se conosci cosa c’è in giro e quindi vedi subito se c’è qualcosa di nuovo.

Prima di salutarci, diamo l’indirizzo internet per scaricare questo software e quindi entrare in questo grande social network?

L’indirizzo è www.memoring.it. Adesso sto studiando un’altra cosa che fa sempre parte di questo progetto, ed anche questo è pensato da utente. Da utente/padre in questo caso, perché, avendo un bambino piccolo – ora è cresciuto, ma ho avuto l’idea quando aveva 4-5 anni – penso di creare una parte di questo browser per la navigazione protetta dei più giovani. Ho sempre pensato ai giovani, ora con questa skin penserò ai giovanissimi. Il problema di internet è sempre che hai paura di lasciare il tuo piccolino davanti al computer perché non sai mai dove potrebbe andare. Allora, questo è un problema che penso di risolvere con questa variante di Memoring.

Ringraziamo Claudio Cecchetto. In bocca al lupo, e alla prossima!

Anche a te, Patrizio, ciao!

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