Il Tempo e lo Spazio concetti reali ed astratti allo stesso tempo, sui quali diversi teorici hanno tentato di dare una spiegazione nel corso dei secoli. Anche nella scena musicale c’è chi si interroga su questi concetti, per proporre una spiegazione.

Al microfono di Patrizio Longo incontriamo Simone Paglia dei Naguère per raccontare questo percorso sonoro scandito in quei paesaggi, quasi incantati, che offre la Campania. Bentrovato Simone?

Ciao Patrizio, grazie a te dell’invito.

 

Quando racconti della vostra terra la descrivi con queste parole: «in quei paesaggi incontaminati dove la natura e i suoi profumi scandiscono costantemente gli attimi, che si perdono nei lunghi corridoi della memoria.». La vostra musica subisce un’influenza diretta della terra in cui vivete?

L’ispirazione spesso proviene dagli elementi della nostra terra: la natura incontaminata, il paesaggio che ogni giorno percorriamo, lo scorrere di un fiume, spaziare con lo sguardo sugli orizzonti delle nostre terre, sono tutti stimoli per i pensieri, che a loro volta confluiscono nella musica. E la cosa più interessante di questo aspetto è che ogni elemento costituisce una sorta di riferimento temporale che ci fa rendere conto del tempo che passa. I ricordi, costituiti da immagini, profumi, sapori e suoni, quando ritornano alla luce, ci permettono di ridefinire il confine irrazionale tra il “passato” e il “presente”, tra ciò che è con noi e ciò che abbiamo perduto.

Quando nasce il progetto Naguère e cosa significa questo nome?

Il progetto Naguère nasce quando 4 musicisti, dopo una lunga gavetta trascorsa in vari progetti musicali, decidono di affrontare un nuovo percorso artistico. E’ stata una vera e propria necessità, che ci spingeva ad iniziare a raccontare il mondo visto con i nostri occhi, elaborato con i nostri pensieri e trasformato nella nostra musica. Il nome “Naguère” deriva da un avverbio francese che dà il titolo all’opera del poeta francese Paul Verlaine Jadis et Naguère, traducibile in “poco fa” o meglio in “recentemente”, avverbio quest’ultimo dal quale prende il nome l’ultimo Ep. La scelta di questo nome, peraltro caduta in un contesto diverso da quello dell’attuale band, è stata fatta soprattutto per la sonorità suggerita dalla parola, dalle melodie che nascevano nella sua pronuncia. Ed è interessante come per puro caso, ci siamo ritrovati ad avere un nome che si riallacciasse ai concetti trattati nei nostri testi, come appunto quello del “tempo”.

Adesso raccontiamo dell’omonimo Ep. La matrice è di base rock ma c’è anche un suono di elettronica, per un testo ai limiti del cantautoriale?

Caratterizzanti secondo noi sono state le nostre influenze musicali. Un fatto questo, se vogliamo fisiologico, che comunque ha influito sulla nascita dei brani. Quando abbiamo terminato le registrazioni, sotto la pregiatissima supervisione di Giovanni Francesca, man mano che vedevamo i pezzi prendere forma, ci rendevamo sempre più conto di quanto le nostre esperienze e i nostri gusti musicali fossero presenti nella nostra musica. La cosa ci ha da subito stupito perché involontariamente eravamo riusciti a produrre qualcosa in cui affiorasse il background musicale di ognuno di noi, costituito dai più svariati generi e artisti.

Il disco sembra rappresenta un tema portante la relazione fra natura ed uomo?

L’esempio è evidente in “Riflesso di una meta” dove il percorso di un bosco si relaziona al percorso impervio della vita, con le scelte che siamo costretti a fare, prendendo “direzioni diverse”. Anche se di fondamentale importanza è stato il collegamento tra il tempo e lo spazio come elementi che permettono di mettere in relazione l’uomo e quello che lo circonda (e quindi la natura) attraverso l’elemento di giunzione costituito dalla velocità con cui si verificano gli eventi. Non a caso il rapporto tra lo spazio e il tempo, fisicamente parlando, costituisce proprio la “velocità”.

Volendo proporre un confronto quando vi ispirate al modello Max Gazzè?

Non possiamo dire di avere un modello definito a cui ci ispiriamo. Come dicevo prima i background musicali di ogni componente della band si sono fusi andando a caratterizzare i brani dell’Ep. Si passa dal rock al jazz, dal funk all’elettronica, dal soul all’indie, ecc… L’ascolto protratto negli anni di tutto quello che ci “passava per le orecchie”, o quasi, è stato il nostro punto di partenza, cercare di arricchire la nostra “conoscenza” musicale al fine di definire la strada da seguire, cercare di distinguere quale fosse il “bello” e quale il “brutto” da scartare, o assecondare. Tutto questo è stato necessario per concretizzare questo lavoro. Nell’ascoltare il vostro Ep “Recentemente” si ha la percezione di dipingere una tela già disegnata dai Naguère. Questo perché pare che nonostante lo spazio che offrite alla fantasia di chi vi ascolta, attraverso i vostri testi, avete la capacità di rappresentare in modo definito le tematiche affrontate in essi. Quando facciamo ascoltare i brani, e richiediamo un commento/parere, frequentemente le descrizioni combaciano esattamente con quello che noi pensavamo di esprimere. Questa è una cosa che ci fa enormemente piacere, perché il nostro obiettivo era quello di comunicare nel modo più fedele possibile le nostre emozioni, i nostri punti di vista, pensando però anche a dare spunto a nuove interpretazioni in chi ci stava ascoltando. L’esempio lo troviamo in Impressioni di luce, con questa lacrima che scivola sul corpo di questa ragazza “disegnata” attraverso il testo e la musica. L’immagine è lì, impressa nella mente di chi ascolta, ed effettivamente, come ben dicevi, potranno cambiare i colori ma il soggetto è immortalato in questa scena, lasciando comunque all’ascoltatore la libertà di scegliere il motivo che ha fatto nascere questa lacrima. Così come ne Il Sapore del thè sembra di essere immersi in questa stanza, da dove il profumo e il sapore del the rievocano momenti passati che erano ormai stati depositati “nelle cantine della mia ragione”.

Naguère, Recentemente, Clessidra una forte attitudine all’espressione emotiva attraverso la musica?

Decisamente una “lotta” contro il tempo. O meglio, un patto di non belligeranza: noi affrontiamo il tema in cambio di uno “sconto di pena”. A parte gli scherzi, è un elemento che ci affascina da un lato e che ci intimorisce dall’altro. Alzi la mano chi non ha paura dello scorrere dei secondi, nel sentire sulla propria pelle il tempo che passa, e vedere che tutto intorno a te sta cambiando. Il titolo dell’Ep, a parte il fatto “fortuito” che risulta essere la traduzione letterale del nome della band, è stato scelto perché abbiamo voluto, con questi pezzi, guardare dietro, girare un attimo la testa verso il passato, utilizzando i ricordi per affrontare il futuro tentando di non ricadere nelle stesse “trappole” della vita. E “Clessidra” è la sintesi di questo discorso che abbiamo affrontato, dove le “lancette che la fendono (la vita), che girano terminando il loro corso, per poi ricominciare” scandiscono questo ciclo infinito della misura del tempo, che però diventa una definizione della vita di ogni essere vivente, come “giri di campo di una corsa che correrò solo in parte”.

La valutazione del passato e la consapevolezza di quello che accade nel presente sono quindi argomenti maturati nella vostra musica. E il futuro dei Naguère?

Il futuro speriamo sia fatto ancora di musica. L’idea è quella di continuare a comporre osservando il mondo che ci circonda e l’universo che è dentro ognuno di noi. Stiamo lavorando già a delle idee e vorremmo al più presto rientrare in sala di registrazione per concretizzarle. Parallelamente stiamo curando la preparazione di un live , che ci vedrà già da marzo sui palchi di contest nazionali, e speriamo per l’inverno prossimo in giro per i locali, con uno spettacolo di inediti. Un progetto ambizioso quello dei Naguère e comunque, visti i primi passi, alla vostra portata. Con questo però non potete lasciarci senza offrirci un’anticipazione sulle nuove idee che state elaborando. Ancora natura, e ancora immagini a colori!!! Il tutto racchiuso in piccoli flash da offrire alla mente, e in piccoli gesti quotidiani che, per la loro scontatezza, nascondono il loro valore vitale dell’uomo…aspettare per ascoltare!!! Degli osservatori ai quali non sfuggono i dettagli. In bocca al lupo Naguère! Vogliamo riscoprire il significato dei piccoli gesti che hanno perso la loro importanza perché la velocità con cui la società si è abituata a vivere li ha offuscati. E per fare questo dobbiamo “stare a guardare e sentire” .

Grazie Simone, in bocca al lupo e a presto.

Crepi il lupo!

Foto: Roberto Balestrieri

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