E’ attore, musicista, poeta, cantante. Ivan Cattaneo fin da giovane ha espresso con immediata chiarezza la propria creatività mai scontata. Cercando di esprimerla fra i diversi strumenti di comunicazione.

Abile talent scout per diversi Artisti italiani, in particolare per Anna Oxa che si presenta i primi anni ’80 con un il look di matrice punk e due canzoni che diventeranno successi internazionali “Revolver” e “Elektroshock”.

Cattaneo non ha presenza costante nel tempo sulla scena mediatica è questo forse il segreto della successo basato su una creatività innata dell’Artista.

Ha partecipato a diversi reality fra cui “Music Farm” e “l’Isola dei Famosi”, anche se quest’ultima è durata solo per due giorni. Ascoltiamo Ivan al nostro microfono per ripercorrere questa brillante carriera.

Ed eccoci qui al microfono di Extranet. Questa sera abbiamo un grande personaggio, un grande pittore, musicista, attore, personaggio poliedrico al nostro microfono: Ivan Cattaneo. Buonasera Ivan!

Buonasera a voi! Grazie di avermi presentato anche come pittore perché è vero! Cioè, tendo sempre a dimenticarmi, quando, quando… forse pecco di un po’… di troppa modestia, però sono soprattutto un pittore. Ho insegnato al liceo artistico, sono nato proprio accademicamente come pittore. Quindi sono state tante cose fatte insieme, con quest’iniziativa – insomma – che è l’arte a tutto tondo.

Diverse esperienze durante il tuo percorso artistico. Diciamo che fin dall’inizio è stato battezzato dalla fortuna. Mi riferisco al tuo periodo londinese. Mi racconti l’incontro con Cat Stevens, e soprattutto quello con Mark Edwards (il produttore di Jethro Tull), come hai vissuto l’esperienza?

(Ride) Stiamo parlando della notte dei tempi , però è bellissimo! Io stavo a Portobello Road, e… passeggiavo in questo mercatino famoso, no?

E ho visto un ragazzo che mi piaceva molto, ed era insieme ad altri due ragazzi, e insomma, e poi uno di questi due ragazzi era Mark Edwards ed è nata una storia. E… ma io non sapevo che lui fosse Mark Edwards, e lui la sera, per fare bell’effetto, per fare degli effetti speciali diciamo, mi faceva conoscere ogni sera qualcuno d’importante. Una sera m’ha portato a casa di Cat Stevens, un’altra sera mi portava da David Bowie, che stava cominciando a lavorare, poi Curved Air, il suo gruppo del momento, i Jethro Tull… Insomma, tutti questi personaggi famosi, io avevo 19 anni devo dire, e quindi… arrivavo da Bergamo, un paesino piccolissimo, ero veramente…

Poi sto parlando della Londra di 40 anni fa, di 30 anni fa, non lo so… ’72 era. Diciamo, questo battesimo, che è stato meraviglioso, è stato anche il mio battesimo, diciamo, d’amore, perché è stata la prima persona che ho conosciuto… E quindi, e stato un tutt’uno, e io ero un ragazzino molto ingenuo… Insomma, è stata una bellissima esperienza. Conoscere lui, conoscere anche dei personaggi come Francis Bacon, che era il più grande pittore inglese in quel momento. Un pazzo scatenato, che una volta mi ha dato anche una sberla, però… è una persona meravigliosa. E poi aveva tanti problemi, era un po’ isterico, però mi ha insegnato molte cose. Ed era bello, ecco, era bello frequentare questa gente, perché… da tutti potevi attingere qualcosa, potevi avere delle esperienze umane anche. Cosa che purtroppo non mi succede più, perché… ci si ritrova nei camerini del Festivalbar, o anche a Sanremo, tutto organizzato, tutto…

È tutto così programmato, è tutto così freddo, non nasce più niente spontaneamente, non nasce più nulla…

Tutto preconfezionato?

Tutto preconfezionato, gli amici della De Filippi, si piangono tutti in diretta, però è tutto così… manca di freschezza. Manca di… mancano le case discografiche, poi. La CGD era una casa discografica meravigliosa, la CGD della Caselli. Era una casa discografica in cui, con questi corridoi immensi dove ci si trovava, tu incontravi la Vanoni, la Vanoni ti faceva vedere il suo nuovo vestito, però diceva che aveva scritto una canzone che stava tentando…

Allora parlavi di musica. Poi incontravi, non lo so, i Pooh, che ti chiamavano di là e ti dicevano: «Ma guarda, secondo me, abbiam sentito il disco in cui canti troppo con la voce troppo rauca, dovresti essere un po’ più leggero.» Oppure non lo so…

Volendo fare una citazione riferita alla pittura, o comunque alla cultura in generale, no, erano un po’ i salotti culturali di fine ‘800?

Esatto, io penso che perché si sviluppi l’arte, comunque, ed è dimostrato, ci vuole anche un terreno geografico bello. Non basta sviluppare l’arte con Milano che c’è una casa discografica dove tu porti il disco che hai fatto per i cavoli tuoi col computerino, eccetera.

Cioè, i grandi pittori sono nati, tipo Picasso, Dalì… non lo so, Degas, tutti questi, sono nati a Parigi in un periodo magico. Per cui si son trovati tutti giovanissimi, squattrinati, poi da lì poi nascevano storie, nascevano cose meravigliose.. D’amore, d’arte, tutto. La musica, anche, nella Londra degli anni ’60: i Beatles nascevano da situazioni veramente belle, cariche, grasse di emozioni.

Non c’è più questa cosa qua, non c’è più questa… c’è MTV che organizza… è tutto troppo organizzato, tutto troppo… troppo sezionato, tutto troppo asettico, per cui alla fine non nasce più nulla. Nasce solo roba fredda, calcolata, tutta roba già… già vista. Fatta alla perfezione, ma non è arte, non è più arte. Yoko Ono diceva, giustamente, che “La perfezione uccide l’arte”, ed è verissimo. Cioè, meglio una cosa sghemba, una cosa accennata, piuttosto che una cosa troppo perfetta.

Picasso lasciava i suoi arlecchini a volte non disegnati, non finiti, ed erano opere d’arte. Alcune cose, quando sento dei provini di John Lennon, sono più belli i provini che non… ma gli stessi discografici, molti discografici dicono sempre: «Ah, ma il provino è molto più bello…» Ma allora lascia il provino, no!?!

È più bello il provino però poi mettono il disco. Cioè, capisci? È una contro… è un controsenso. È un non capire che l’arte è proprio bella perché è imprevedibile, perché ha, ha altre… segue altre strade.

In apertura del nostro incontro ti definivo, come Artista poliedrico, probabilmente perché, durante il tuo percorso ci sono state la creatività è stata espressa con diversi strumenti. Faccio riferimento alle mostre d’arte del 2002, e ad alcune produzioni televisive. Questi ruoli, così, differenti, si configurano nel tuo forte bisogno di esprimere la creatività attraverso le varie forme d’Arte?

Sì, assolutamente. Io per esempio in questo periodo sto soffrendo molto, ed è come una sofferenza, dicevo prima che ho quest’influenza, no? Però è una cosa a livello fisico. Sto cercando di creare un nuovo tipo di arte, no? E sto soffrendo tantissimo perché sto cercando io di sforzarmi a creare qualcosa di nuovo. Non so se musica, o pittura… non lo so, non so che cosa sia. Qualcosa di nuovo, che dia prima di tutto una linfa vitale a me… poi la può dare di conseguenza anche agli altri, ma io penso soprattutto a me stesso.

Devo creare qualcosa che mi faccia felice, perché in questo momento non sono felice. Non sono stato felice di fare “Music Farm”, non sono stato felice di fare l’Isola, non sono felice di fare ospitate televisive… non sono felice di fare questo tipo di vita. Voglio fare altre cose, la mia strada è un’altra. E devo assolutamente decidere, e sforzarmi… siccome è un mondo che ho dentro, non è che dentro io non ho nulla, assolutamente. Io ho delle cose nuovissime.

Per esempio, io ieri ho sofferto molto perché ho visto a “Domenica In” la Rettore che si è ripresentata ancora con le vecchie canzoni, tutto quanto. E giustamente quando lei s’è congedata ha detto a Pippo Baudo: «Spero che la prossima volta mi farete fare anche le canzoni nuove, perché io faccio anche dischi nuovi.» Questo è molto brutto, che una persona debba dirlo, e i dirigenti non gli propongano: “fra dieci canzoni che tu canti cantarne una nuova”.

Dare la possibilità a una persona di proporre qualcosa di nuovo, perché poi la gente, diciamo, si è rinnovata. Ma per forza, non dai la possibilità a questa persona di rinnovarsi. Continui a perpetuare la tua fama passata, non alimenti invece quello che può avvenire nel futuro.

Parlavi di isola dei famosi e di “Music Farm”. Non ritieni che siano state, nonostante non abbiamo incontrato – diciamo – il tuo gradimento, la tua soddisfazione, non ritieni che siano state delle vetrine importanti. Non solo per te, ma per tutti coloro che ne partecipano?

Ma certo, si si, sono vetrine importanti. Ma sono vetrine importanti al livello di popolarità, non di arte. Io sono nato 35 anni fa, artisticamente, facendo l’artista. Nel senso che quando mi sono… non è che mi son svegliato e ho detto: «Oggi voglio diventare famoso.

Cosa faccio: il cantante, l’assassino, l’attore, non lo so, il serial killer.» Io mi sono svegliato e ho detto: «Io voglio cantare, perché mi piace fare arte, mi piace dipingere.» Questo era il mio intento. Poi, che fossi diventato famoso non era fondamentale.

L’importante era la passione per la musica il resto è venuto dopo… mi fa piacere, assolutamente, mi piace, ma è una cosa secondaria. Ecco perché io sto soffrendo adesso, perché ho soltanto la popolarità, e non ho l’arte, e questo mi fa soffrire molto. E non sono contento.

Io credo che la sintesi della tua persona si potrebbe ricongiungere, o esprimere, attraverso una tua teoria espressa nel ’77: il “Tatto-Udito-Vista-Olfatto-Gusto”?

Certo! Sì, era l’arte dei cinque sensi, io ho anticipato un po’la… quella che poi è diventata oggi la multimedialità, cioè la riunione di tutti i linguaggi.

Continuando il nostro percorso, diciamo, nella tua carriera artistica, mi ricongiungi l’espressione di pittura rielaborata al computer con l’aggiunta di elementi pittorici e polimaterici.

Dunque, è una cosa… detto così può spaventare tutti, però è una cosa di una semplicità unica. Io, se pensi, io già da 40 anni, da quand’ero bambino se vogliamo, facevo queste cose. Poi, che tu le fai al computer o le fai con una forbice è la stessa cosa. I mezzi possono cambiare, ma è il risultato che conta. Cioè, in pratica io facevo… ritagliavo delle bocche, degli occhi, poi li rimettevo insieme a modo mio, creavo dei… io li chiamavo i Paper-Frankenstein, Frankenstein di carta. Mettevo insieme delle altre facce, no?

Facevo delle cose tipo “visi divisi”, per cui li confondevo tutte le tracce somatiche e creavo questi nuovi visi, questi nuovi ritratti. Una volta lo facevo con… ah, con forbici, eccetera. Adesso lo faccio con lo scanner e col computer. Il computer ha aiutato soltanto, un po’, le mie cose.

Ha facilitato certe cose, ma non è che ha cambiato il mio modo di pensare l’arte, non… È importante, ma fine a un certo punto, insomma. Non è, non è l’arte del computer. Sono io quello che fa l’arte.

In quasi chiusura del nostro incontro, un ricordo di “Bandiera Gialla”. Un successo inaspettato?

Ah, “Bandiera Gialla” era una discoteca meravigliosa che c’era a Rimini… molto grande, molto bella, ideata da Bibi Ballandi, che è quello che oggi cura i programmi di, non so, di Fiorello, di Celentano, eccetera. Io ero il padrone di casa, ero un po’ quello che faceva i giochi, in questa discoteca. E devo dire che era un periodo molto strano per me, non era bello, perché ero famosissimo però ero un po’ prigioniero in questa cosa. Ballandi mi avrà messo lì un po’ come prigioniero in questo bellissimo castello.

Però io avrei voluto invece quell’estate andare in giro a fare concerti. Invece dovevo rimanere lì a fare il padrone di casa. E poi non era una discoteca di mio genere, bene o male.

Era una discoteca abbastanza popolare, cioè io preferivo una cosa più particolare, no?

Certo.

Però era una discoteca particolare, e un esperimento molto bello, perché nuovo. C’era persino la nursery, dove le famiglie potevano venire, portare i bambini, li lasciavano lì e andavamo a ballare.

È stata una bella esperienza devo dire: un anno, l’83, irripetibile. Fantastico però non la ripeterei mai più, insomma. Però è stata una cosa unica, nel suo genere, e… mi è piaciuto molto.

E adesso, parlando ancora di successi, potremmo – in queste lista infinita – definirti anche un talent-scout? Faccio riferimento ad Anna Oxa, e ad un grandissimo successo, sia d’immagine, sia di musica ricordando “Revolver” ed “Elettrochoc”.

Sì, anche Patty Pravo, ho collaborato per molte cose… Diana Est, Patrizio del “Gruppo Italiano”… ma è stato solo casuale, quello. Non mi sono mai proposto di lanciare delle persone.

Erano… ecco, è ancora il discorso che facevo prima: eran persone che si frequentava anche umanamente, e, dalle frequentazioni, dalle cene, e dalle cose, nascevano idee e nascevano poi personaggi, Quindi era molto casuale.

Parlando invece del tuo sito internet, ne discutevamo poc’anzi, è il perfezionamento di quell’idea che qualche tempo si intitolava “Se dico seduco”?

No, “Se dico seduco” non è ancora uscito e uscirà come dvd. Sarà una cosa clamorosa, sarà una cosa veramente nuova. Però non è ancora… no, no, no. C’è qualche accenno nei racconti, in alcune immagini, ma sarà una cosa assolutamente nuova.

Ricordiamolo, però, il tuo sito internet.

Certo www.ivancattaneo.it

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